Ma né questi trascorsi, comunque più che dignitosi, né la recente reunion per celebrare il decennale del loro cavallo di battaglia, lasciavano presagire che il prossimo passo sarebbe stato così azzardato. Se, almeno apparentemente, "There Are Rules" ha poco o nulla a che vedere sia con il loro già riconosciuto pop-punk ombelicale, sia con la melanconia post-rurale di progetti collaterali - come The New Amsterdams o il disco solista del cantante Matt Pryor - è soprattutto colpa (o merito) della produzione iper-volumetrica di Ed Rose, che mette le tastiere in primissimo piano, imballando voce e chitarre in una viscosa placenta di effetti elettronici, synth debordanti, suoni saturi e altra roba anni 80. Un maquillage sonico che sembra studiato a tavolino per cavalcare l'onda del revival di certa new wave e synth-pop, ma che non porta con sé un'adeguata e corrispettiva maturazione sul piano della scrittura. Anzi, alcuni brani come "Rememorable", "Regent's Court" e "Birmingham" non sono altro che la piatta giustapposizione di questo nuovo trattamento al vecchio impianto punk melodico da cui, comprensibilmente, il gruppo fatica a staccarsi. Peccato che qui manchino del tutto i loro punti di forza: il ritmo scrosciante, i guizzi melodici, i ritornelli che sgorgano di getto.
Tutto diventa allora involuto e ripetitivo, come nel synth-punk di "Automatic" o "Pararelevant", mentre l'invadenza plasticosa della confezione finisce per soffocare anche episodi d'un qualche spessore come "Better Lies" o l'industriale e tagliente "Keith Case".
Nel marasma generale si salvano, a malapena, quei pochi pezzi in cui il dna geneticamente modificato del gruppo non fa del tutto a pugni con le sue qualità compositive: il fuzz angolare e la sporcizia distorsiva di "Tithe" e "The Widow Paris" (in cui si sente la mano di Bob Weston degli Shellac, già produttore del disco d'esordio del gruppo che qui dà una mano al mixaggio), il clima quasi dark e spettrale di "Rally Round The Fool" e "When It Dies", il synth-pop da spiaggia di "Shatter Lung" . Se l'obiettivo dei Get Up Kids era far dimenticare il loro passato e prendere in contropiede il loro pubblico di riferimento, allora "There Are Rules" è un disco pienamente riuscito.
Per il resto non è detto che questo incidente di percorso (o di fine corsa) non possa, un giorno, diventare oggetto di culto kitsch fra i più acritici sostenitori del decennio oggi più di moda, dentro e fuori la musica indie.
(27/02/2011)