In un periodo come l'attuale, in cui l'offerta musicale sempre più abbondante e caotica si manifesta in un numero di colori e sfumature pressoché infinito, risulta alquanto difficile prestare attenzione a progetti di artisti i quali, rinunciando a voler stupire ad ogni costo a primi ascolti approssimativi, finiscono per essere cestinati in fretta e furia, alla ricerca di qualcosa di più fresco, e perché no, più accostabile alle tendenze del momento. In questa categoria "sottovalutata" può sicuramente essere annoverata Nicole Atkins, cantautrice del New Jersey giunta, col suo "Mondo amore", alla sua seconda prova, distanziata di 4 anni dal pregevole "Neptune City".
La sua "colpa", se proprio le deve essere imputata una, è quella di non impressionare l'ascoltatore con armonie complicate o con suoni ricercati, pescati chissà dove. Non c'è alcuna pretesa di innovazione nel suo lavoro, soltanto strofe, ritornelli e bridge, sapientemente costruiti e disposti. Canzoni insomma, canzoni scaturite dal talento melodico di un'artista esperta nel muoversi in territori sì assai saccheggiati (soul in primis, seguito da una buona dose di pop orchestrale), e renderli tuttavia estremamente personali, filtrati da una sensibilità che trova qui completa libertà d'espressione.
Realizzato in un periodo turbolento della vita della nostra, che l'ha vista separare le sue strade dalla casa discografica che ne aveva curato l'esordio (la Columbia), e porre fine a una lunga relazione sentimentale, il disco rispecchia alla perfezione gli stravolgimenti attraversati, allontanandosi dalle patinate atmosfere retrò del debutto a favore di sonorità più nervose e moderne, decisamente improntate alla scoperta di un'anima rock in passato tenuta a bada. Ne sia una dimostrazione il singolo di lancio "Vultures": il cantato spezzato ma potente, i continui cambi di intensità e colore, una minacciosa sensazione di fatalità a condire il tutto (ben evidenziata anche dallo splendido video che accompagna la canzone), fanno del brano una totale inversione di marcia rispetto a chi si aspettava un proseguimento dello stile sofisticato e laccato che sicuramente le avrebbe valso più di una lusinghiera critica in lidi non troppo sospetti.
Ma alla Atkins a quanto pare non manca il coraggio, e alle seducenti influenze Brill Building del già menzionato "Neptune City", che le hanno procurato il non lusinghiero titolo di novella Dusty Springfield, si sostituiscono batterie più pronunciate, ritmiche serrate, e anche un pizzico di estrosità in fase compositiva, che la mettono quindi al riparo da eventuali paragoni con le varie Adele di turno.
Eccola quindi, preda del suo trasporto emotivo, abbandonarsi alla scatenata melodia di "You Come To Me", flirtare con il country nello scanzonato episodio di "My Baby Don't Lie", cavalcare con mordente il refrain agrodolce in "Cry Cry Cry", sfruttando un timbro vocale graffiante, che denota una rinnovata sicurezza. E' la voce palpitante e sanguigna di Nicole che funge da collante all'ampio ventaglio di registri adottati, e ancor di più le sue splendide interpretazioni, tese a mostrare una femminilità rafforzata, piena di nuove consapevolezze e pronta ad affrontare le prossime sfide con spirito deciso e propositivo. Pure nelle tre torch-songs di chiusura è assente ogni traccia di eccessiva delicatezza, per quanto l'esilità degli arrangiamenti sembri professare il contrario. Le raffinate orchestrazioni jazzy, cesellate al minimo dettaglio, nulla tolgono infatti alle letture vibranti che la cantautrice fa della sua musica.
A partire dal conclusivo "The Tower", brano capolavoro del disco, tutti i lenti racchiusi in quest'ultimo si muovono sulla doppia coordinata appena descritta, senza mai soffocare la chiarezza melodica, intensificata dal lirismo stentoreo di una donna fiera e combattiva, che nella forza delle sue emozioni trova il modo di reagire alle incognite dell'anima, anche quando tutto sembra crollarle addosso ("There's a tower crumbling down", intona con struggimento nel climax del pezzo succitato).
Il mondo è pieno di amore: la Atkins se ne è resa conto e ha donato anima e corpo ad una ritrovata armonia con quanto la circonda. Le sue canzoni, dotate di quella capacità comune a pochi di saper parlare ad un pubblico ampio senza mai scadere nella banalità, raccontano di vita, di vita vissuta con la piena percezione di quanta incredibile bellezza possa esserci attorno a noi, nonostante le tante avversità da fronteggiare. Adesso tocca a noi recepire il messaggio e serbarlo dentro di noi, custodendolo come una fiammella minacciata dal vento.
11/01/2012