Li avevamo lasciati tre anni fa protagonisti di un esordio raffinato e scontroso come uno scritto di Baudelaire (da una cui novella hanno estratto il nome), in bilico perfetto tra il pop brioso che entusiasmò David Bowie e la malinconia che tradiva l'amicizia coi Sigur Ros.
Il timbro vocale di Simon Balthazar è ancor lì a marchiare indelebilmente la musica del gruppo londinese: la sua voce sussultante e un po' querula è uno strumento in più che identifica le costruzioni armoniche dei brani.
La musica è invece cambiata, si è arricchita di nuovi timbri e strategie compositive. "Rooms Filled With Light" rinuncia definitivamente all'estetica rock, per vestirsi di sonorità elettro-wave che si combinano alle medesime tentazioni folk del primo album. Giunge così a compimento l'alchimia che in "Reservoir" era solo parziale: suoni nuovi e antichi insieme, spirito smaccatamente indie combinato a una leggiadria che ha più dell'orchestrina d'altri tempi che della pop-band.
Chi s'illude che i Fanfarlo aspirino a diventare gli eredi ampollosi degli Arcade Fire o gli amichetti chic dei Mumford & Sons troverà di che stupirsi: l'album dischiude intuizioni sonore inarrivabili per una banale clone-band. I violini hanno corde laser, gli ottoni sono di cristallo e pioggia; ogni pezzo è un fine lavoro di cesello, in perenne bilico tra stilizzazione e barocchismo, tra pathos romantico e guizzi modernisti.
E non sembri fuori luogo il minimalismo alla Philip Glass che increspa le acquose lande di "Replicate". Come novelli Polyrock il quintetto ama asciugare e ostentare distacco, salvo poi abbandonarsi a ghirigori - a occhio e croce - Tchaikovskiani che ne tradiscono l'insopprimibile gusto belle époque. Gli Arcade Fire (se non addirittura i Coldplay) riemergono col piano tintinnante e il rullante a vele spiegate di "Shiny Things", che si tinge però di disco-rock lambendo i confini dell'elettronica. In "Bones", invece, tutto è rallentato da una cascata di synth che simula l'apocalisse senza dolore o sgomento.
"Rooms Filled With Light" oppone all'esordio una allegria che disorienta, ma quel che sembrava più nobile in "Reservoir" è qui più frivolo - eppure più complesso, ed elaborato in ogni particolare. Il liberty è non solo l'accostamento più ovvio, ma anche quello più pertinente.
"Deconstruction" e "Lenslife" non accettano le lusinghe dell'adult-pop e scivolano su ritmi e fraseggi di piano e marimba con una grazia esemplare. Chi ha amato il versante più misterioso e oscuro dei Fanfarlo troverà conforto solo in "Tightrope", che evoca e allontana i fantasmi dell'esordio con misurata nonchalance, per poi rielaborare il tutto con sax e tracce di funk in "Tunguska".
Infischiandone della moda tutta indie di pubblicare nuovi dischi ogni otto mesi o giù di lì, i Fanfarlo hanno lasciato germogliare frutti nuovi dalle ceneri di un esordio interessante e abilmente indeciso. Riempiendo di luce le ombre di un sound che non mostrava possibilità di evoluzione, hanno perso credibilità per non perdere in schiettezza.
L'album però non convince del tutto. Non tanto per lo scarso fascino noir - catturato solo parzialmente da "Everything Turns" e "Everything Resolves", ma per un palese autocompiacimento e la mancanza di una produzione esterna che dia coerenza alle atmosfere.
Lo stile vocale di Balthazar è a volte artificioso, affettato, monocorde, è toglie forza e presenza emotiva alle canzoni, che sul piano puramente compositivo riflettono classe, consapevolezza e capacità di mettersi in gioco.
"Feathers" pare crogliolarsi sulle spiagge dei Caraibi, mentre "A Flood" passeggia nelle lande piovose della Svezia - terra natale di Balthazar - ma le raffinatezze armoniche dei due brani non bastano a dar loro mordente. Il pop anni 80 di "Dig" è qualcosa di più di un remake nostalgico, ma pur non mancando né l'ispirazione, né il giusto piglio, né temi melodici di prima categoria, il carisma a volte latita e non la fa decollare.
Resta evidente la volontà di evolversi e una buona manciata di idee, il tutto confortato anche dagli scampoli di poesia di "Vostok", e dalla intensità della sognante ballata in salsa elettronica "Waiting In The Wings", due brani che compaiono nella limited edition. L'edizione speciale contiene un secondo cd che accoglie anche una versione naif di "Replicate", insieme a un libro fotografico, delle cartoline e una bussola, che spero indichi al più presto a Balthazar e i Fanfarlo la strada migliore per concretizzare tutto il loro potenziale creativo.
06/03/2012