Dietro il moniker Grimes si nasconde Claire Boucher, artista canadese entrata nel giro della 4AD sulla scorta di un paio di dischi che hanno fatto il loro dovere in giro per il web, diffondendo il suo nome a destra e a manca.
Nelle sue divagazioni electro-pop stratificate e tirate a lucido da una produzione che sa bene come amplificare a dismisura i pregi e nascondere quanto più possibile i difetti, "Visions" offre suggestioni dream-pop in plasticosissima scorza sintetica - "Oblivion", "Colour Of Moonlight (Antiochus)" - e spigoli robotici ("Eight"), suggestioni classicheggianti che fanno capolino oltre le meccaniche paradisiache della techno ("Nightmusic") e confessioni in forma di ballata magnetica/evanescente ("Skin"). In "Genesis", poi, ci si ritrova improvvisamente lungo l'autobahn dei Kraftwerk...
La voce della Boucher è sempre in proiezione, continuamente dislocata, spinta verso dimensioni parallele da cui solo è possibile continuare a flirtare con la magia di una malinconia trasfigurata in nitido sogno ad occhi aperti. Saltella e si ritrae ("Circumambient"), gioca con gli anni Ottanta più frivoli, aggrappandosi a un melodismo patinato che evidentemente deve anche qualcosa alla pochezza di molto mainstream femmineo ("Vowels = Space and Time", tra gli altri).
Il retro-futurismo è ancora un'ipotesi su cui lavorare - "Be A Body (侘寂)" - ed è meglio, allora, concentrarsi sull'incanto purissimo di un elegiaco girotondo dell'anima dinanzi a un tappeto di stelle abbaglianti - "Symphonia IX (My Wait Is U)".
Eppure, gira e rigira, ti ritrovi sempre in un circolo vizioso, circondato da lustrini che abbagliano oltremisura nel tentativo di distoglierti dalla pochezza delle idee messe in campo.
Insomma, il solito disco furbo destinato a un pubblico poco esigente.
06/03/2012