I Newdress da Brescia non sono dei parvenu. Nell'epoca delle provincialissime produzioni usa e getta, in cui ancora troppi pensano che basti mettere insieme quattro note e scimmiottare la new sensation estera di turno per poter dire di aver fatto un disco, c'è ancora chi, dalle nostre parti, i dischi li fa per davvero.
E non è come dirlo, giacché è un attimo disorientarsi fra gli ingannevoli specchietti paventati dai talent show e i mille vicoli di un universo indipendente che, troppo spesso, fa di un'anonima autoreferenzialità la sua bandiera. Attenzione, non che manchino gli espliciti riferimenti, nella fattispecie alla tradizione new wave britannica, ma c'è modo e modo: questione di gusto e di personalità.
Ed è proprio partendo da queste due coordinate che il complesso bresciano ha preferito non farsi mancare nulla: non gli agganci con l'attualità (con gli Editors, ad esempio, ma senza l'affanno di doverseli suonare addosso), non la personale rilettura dei modelli eighties che ha interessato in presa diretta Garbo e, in seguito, i Bluvertigo (non è un caso l'ospitata fiatistica di Andy in "Bisogna passare il tempo", che congiunge idealmente i due riferimenti), non l'omaggio ossequioso alla nostra tradizione melodica. Senza quel timore tutto indie di apparire commerciali, perché degli steccati mentali giustamente non ci si cura.
Così non resta che apprezzare i dieci anthem-wave che compongono "Legàmi di luce", ricamati su una rotonda sezione ritmica e finalizzati dalla voce senza incertezze d Stefano Marzoli, che è anche l'autore dei testi. Solo un appunto su questi ultimi, peraltro tutt'altro che disprezzabili: per quanto appaia chiaro che siano stati concepiti in modo del tutto funzionale alla musica, qualche "rischio" in più li avrebbe resi maggiormente personali.
Ma siamo a quei dettagli che normalmente vengono abbonati alle celebrate band d'Albione, e che quindi non ci sentiamo di enfatizzare oltremodo. Bravi.
19/09/2012