Il progetto The Internet nasce da una costola del famigerato collettivo OFWGKTA, uno dei più prolifici, originali e controversi dell'anno che abbiamo appena trascorso. Ad animarlo troviamo infatti il produttore Matt Martians ma soprattutto la dj, cantante (e a sua volta produttrice) Syd Tha Kid, l'unica donna del gruppo, lesbica dichiarata e per questo finita spesso nel mirino di chi l'accusa di avallare, con la sua collaborazione, le provocazioni omofobe che debordano dai testi dei suoi compagni di avventura. Prescindendo da queste polemiche, fondate o meno che siano, va detto che i due avevano già messo in luce il loro talento nella realizzazione di alcuni brani del disco manifesto "12 Odd Future Songs" ("King" e "They Say", ripresa anche qui).
A parte la scelta di un moniker che omaggia (verosimilmente) il medium fondamentale nella definizione stilistica e nel successo commerciale della crew di appartenenza, "Purple Naked Ladies" non ha poi molto a che spartire con gli scenari violenti e iperrealistici degli OFWGKTA. L'atmosfera predominante, onirica e decadente, è a metà strada fra un boudoir a tripla x e un club privè popolato di sonnambuli che mimano ombre cinesi perverse, arabeschi da paradisi artificiali ("Shangrila") incapsulati chimicamente o inalati su tavoli trasparenti ("Cocaine"). Un melange sofisticato e un po' morboso che diluisce frammenti trip-hop, suggestioni jazz lounge, p-funk e nu-soul cucendoli col sincretico metro hip-hop caro a Syd e Matt.
Fra synth sgargianti e slabbrati ("Fastlane"), bassi liquidi e sottocutanei, break-beat sottili, eleganza notturna e sospirosa ("The Garden"), romanticismo un po' ambiguo e sibilato con voce melliflua dalla Syd in persona ("They Say", "Gurl", "Love Song"), isolati sussulti funky anni 70 ("Lincoln"), le canzoni in sé sembrano perdere a poco a poco la presa sull'ascoltatore e collassare l'una nell'altra. Filtrando, non di meno, alcuni momenti di buon pregio come l'ipnotico e sboccato spleen di "She DGAF", l'ottima "Cocaine/Levie" (che vede la partecipazione di un altro Odd Future: Lefty Brain) e l'iridescente "Ode To A Dream", riscattata da una sublime seconda parte in cui i bassi e gli effetti del turntable sembrano quasi risucchiare la base, disperdere nel soliloquio le parole.
Tirando le somme, Syd Tha Kid e Matt Martians si confermano promettenti beat-maker, mostrando la qualità del loro parco campionamenti, ma l'album, dopo una buona impressione iniziale, appare nel complesso un po' ozioso e prolisso, quasi un esercizio di stile fine a se stesso.
09/02/2012