Mentre cominciano a spuntare i suoi primi “discepoli”, personaggi solitari persi nei meandri della propria mente, armati di una chitarra e poco altro, a tre anni dall'ultima prova sulla lunga distanza ritorna Boduf Songs, il più oscuro dei cantautori d'Albione, il musicista che nell'intimo della propria cameretta ha contribuito a dare nuove accezioni e sfumature a termini quali “solitudine” e “oscurità”. Accezioni che ha coltivato, sviluppato, ridefinito nel corso dei suoi primi quattro dischi, piegandole a tenebrose, cupe riflessioni di stampo goth-folk, tanto scarne nella composizione quanto cangianti nelle soluzioni adottate, specialmente nelle prove più recenti.
Giunto al quinto album di una carriera sinora accudita con cura e dedizione da un'etichetta storica quale è la Kranky, il musicista di Southampton si trovava però di fronte a una svolta decisiva. Complici il trasferimento di là dall'oceano per stare al fianco della compagna Jessica Bailiff e l'esigenza di nuovi veicoli espressivi per la sua musica, "Burnt Up On Re-Entry" segna il passaggio dall'etichetta di Chicago alla Southern di Londra (label che ha ospitato nomi quali le Babes In Toyland e i Karate di Geoff Farina, per dire), ma anche la compiuta transizione verso un sound irruento e aggressivo, mai espresso sinora con tale convinzione.
Chitarre rabbiose, turbolenti rumorismi e una discreta scorza rock erano già trapelati in altre circostanze, specialmente in occasione dello scorso “This Alone Above All Else In Spite Of Everything”, in cui la carica di elettricità si concedeva ben più di qualche estemporanea comparsata. L'approccio, al tempo comunque soltanto timidamente incoraggiato, per questa nuova fase nella carriera di Mat Sweet viene portato alle estreme conseguenze: l'abrasiva chitarra elettrica che irrompe col suo taglio quasi metal nel bel mezzo di “Fiery The Angels Fell” non lascia nemmeno il tempo di dire “buongiorno” che già svela molte delle dinamiche del disco.
Il tono vocale, quello sì mai cambiato, rimane catatonico e mai sopra il poco più che sussurrato. Sweet, oltre a iniettare nella sua musica massicce dosi di rock, gioca la carta della manipolazione elettronica a livello ritmico, ottenendo un risultato non dissimile da certo doom-folk di casa Southern Lord. Suoni e melodie non assumono più le vesti da folk pastorale drammatico come in passato: in “Burnt Up On Re-Entry” l'alienazione è sì totale, ma assume toni più umani, si distende, lascia spazio a qualche luce. Nelle varie “Song To Keep Me Still” e “A Brilliant Shaft Of Light From Out Of The Night Sky” gli accordi di chitarra e il ritmo generale prendono così le sembianze di torch-song à-la Waits: non si tratta più di un lento discendere, ma di una graduale e dolorosa ascensione.
Sono quindi piccole-grandi variazioni, quelle che entrano in gioco, per una formula assodata e difficilmente scardinabile: rimbrotti elettronici di spessore (synth e drum-machine per la tesa “Whither Thou Goest, Cretin”), addirittura una voce robotica in “Drexelius Sick Man Quarles Emblemes Closed Heaven”), concessioni alla vecchia maniera (“Everyone Will Let You Down In The End”, “Long Divider”) e la nuova vena rock che prende il sopravvento (le cavalcate elettriche di “Between The Palisades And The Firmament”).
In generale, pare comunque che “Burnt Up On Re-Entry” sia un album di passaggio, un qualcosa per cui Sweet ha lavorato molto ma che fatica ad avere una propria identità. Mai sotto la sufficienza a livello qualitativo, la nuova fatica dell'inglese segna elementi di cambiamento non ancora del tutto compiuti. Si spera in una definitiva svolta nel prossimo disco: la musica di Boduf Songs merita una consacrazione di largo respiro.
10/06/2013