Durante tutto il periodo degli anni Ottanta in Italia non si suonava (a livello underground) solo new wave e derivati (dark, industriale, etc.), ma anche del genuino garage e musica neo-psichedelica, seguendo esattamente la scia che proveniva, in quegli anni, dalla California, dove vigeva il movimento Paisley Underground. In Italia, di etichette specializzate in questo recupero di suoni grezzi e psichedelici ve ne erano una decina, ma le più note (o, perlomeno, quelle che seppero distinguersi maggiormente dal mucchio) furono la Electric Eye (fondata e diretta da Claudio Sorge, ai tempi critico di Rockerilla), la High Rise, tenuta in piedi da Federico Guglielmi e la Toast, gestita da Giulio Tedeschi. I gruppi da loro prodotti erano in larga parte calligrafici, ma anche lì ci furono delle eccezioni (si pensi ai Not Moving, ai No Strange e ai Peter Sellers & The Hollywood Party). La Electric Eye, tra l’altro, è ricordata anche per aver tenuto a battesimo gli Starfuckers, uno dei gruppi italiani più coraggiosi di sempre, a livello prettamente sperimentale.
I Boohoos, provenienti da Pesaro, furono tra gli ultimi gruppi appartenenti a quella stagione di revival, ma furono anche tra i più selvaggi e virulenti di tutti e forse quelli che maggiormente potevano avere un riscontro (o almeno un credito) anche all’estero. “Rocks For Real” è il secondo loro album, uscito nel 1989 per la Electric Eye, ormai prossima alla chiusura definitiva. Il primo album, “Moonshiner” (Electric Eye 1987), ristampato nel 2008 dalla Spittle insieme al precedente Ep “The Sun, The Snake and The Hoo” e al demotape “Bloody Mary” del 1986, vedeva la presenza fugace dell’estroso Paul Chain all’organo.
Il primo periodo della band era senz’altro più personale e meno epigonico, ma era ancora acerbo e un poco raffazzonato. “Rocks For Real” (dove la sezione ritmica è tra l’altro cambiata) mostra invece una band agguerrita e dal sound incendiario, pronta quindi al lancio in grande stile, tanto che si guadagnò una recensione ben lusinghiera sul magazine metal Kerrang!
“A Fab ‘N’ Mad” è il brevissimo brano organistico che cresce gradualmente fino a introdurre l’anthem garage-punk “Heartbeat City”, che non avrebbe sfigurato in un coevo album degli americani Original Sins. “Bad Loser” è un rozzo southern-rock, “King’s Promenade” è uno stentoreo hard-rock alla ZZ Top. La ballad “Soldier Of Fortune” rifà il verso ai Guns’n’Roses acustici e “For Absent Friend” è semplicemente un blues-rock alla Eric Clapton in versione cattiva e non cloroformizzata. I grandi padrini di questo disco, però, sembrano essere gli Hanoi Rocks e i Faster Pussycat, le cui “Bangkok”, “Take It For Love”, “Catwoman” e “Suffragette City” paiono essere imitazioni fedeli, ma godibilissime.
Tra tutti i gruppi italiani dediti al revival garage e psichedelico, i Boohoos furono tra i meno oleografici in assoluto. Bella la confezione della Minotauro/Markuee, dalla masterizzazione ottimale (ma il disco già godeva di una buona produzione in origine, curata dal buon Sorge) alla fedeltà grafica del formato papersleeve, contenente anche gli inserti che erano acclusi nelle vecchie copie in vinile. Bella riscoperta.
23/09/2013