Là fuori, dove ormai “vale tutto”, ci sarà perfino gente che troverà questo disco ottimo. Immaginiamo che, sulle pagine patinate di qualche rivista trendy, i due visi hipster dei Foxygen faranno la somma gioia di molti capi-redazione intenti a trovare un nuovo fenomeno di costume da dare in pasto ai propri lettori. Per quel che ci riguarda, invece, troviamo che i Foxygen siano semplicemente un'offesa a chi di musica ci capisce poco più di nulla. Perché un conto è il talento acerbo di Jake Bugg che, da solo o aiutato da qualcuno (allo stato attuale è del tutto indifferente), ha saputo impastare di nuove idee vecchi concetti, secondo la verve moderna di chi non ha timore a mostrarsi per quello che è: un diciottenne con i propri gusti e le proprie condizioni estetico-culturali ("Richard Ashcroft meets Bob Dylan" è stato detto di lui), qui c'è solo e soltanto voglia di ricalcare idee altrui.
Con l'aggravante che gli altrui in questione sono il più delle volte vivi, vegeti e discograficamente ancora attivi. Quindi passi se l'iniziale “In The Darkness” farà andare ai matti quanti vedranno Sir Paul McCartney in persona jammare con i Nirvana, mentre questi adolescenti ne scimmiottano le gesta nei Beatles; la successiva “No Destruction” è praticamente un plagio al primo David Bowie con un quarto della poetica del Duca Bianco in meno. “On Blue Mountain” è invece Roxy Music/ Brian Eno/ Bryan Ferry: durata, tematica, vocalità, struttura, praticamente tutto.
I Foxygen come anti-Bugg vanno e andranno fortissimo. Al primo disco, che non a caso su Pitchfork si era preso un "quasi 8", in ambienti più moderati si era detto che avevano un netto margine di miglioramento rispetto al fresco caleidoscopio che racchiudeva il decennio musicale dai 60 in poi. Al secondo disco, i due sembrano aver intuito quanto, specie in tempi moderni, la storia della musica sia considerata tutta una grande "buffonata". Così, al posto dei libri e quindi dell'analisi, della ricerca e, perché no, dello studio affiancato all'ascolto degli originali, i giovani virgulti perennemente annoiati sparsi per il mondo potrebbero benissimo sentire solo i quaranta minuti scarsi del loro dischetto.
Del resto, se Ernesto Bignami ha fatto la sua fortuna con i celebri liberculi, perché loro non potrebbero riuscire ad avere pari notorietà discograficamente parlando? “Ci mettiamo” avrà pensato Sam France, voce del gruppo “Un po' di Beach Boys qui e un po' di Grateful Dead là e il gioco è presso che fatto”. “Ma sì” gli avrà fatto eco Jonathan Rado, chitarra e tastiere “tanto ma chi se ne accorge? Tu hai mai sentito passare i Love alla radio, hai mai sentito parlare di Sly And The Family Stone su Mtv?”. Allora, viene quasi da pensare che la loro sia una stoica volontà, una preghiera sommessa o un delirio estatico: una sommessa sfida affinché la società contemporanea si ricordi di glorificare il proprio passato musicale come d'uopo, nella sua interezza. Andando un pelino oltre le solite classifiche dei 100 singoli degli anni Ottanta che dovreste conoscere e vi siete persi.
Ovviamente questa è pura fantasticheria. I due Foxygen, invece, non solo ci credono, ma dal loro collage per nulla originale temiamo ci vogliano anche fare un gruzzoletto abbastanza grande per comprarsi una macchina o aprirsi un mutuo per la casa. L'idea è quella di base per tutta l'industria discografica dai tempi di Theodor Adorno in poi, ossia: se ha funzionato una volta perché mai non dovrebbe funzionare un'altra? Non stupisce quindi che si siano accasati proprio su Jagjaguwar che, tra Bon Iver e Okkervil River, nonostante gli indubbi meriti, come label non ha poi mai illuminato la notte per originalità stilistico-contenutiva (fatta sola eccezione per i Black Mountain e poca altra roba).
La divina commedia si conclude con una teoria di angeli a termine di una fulminata title track (copia dei Troggs suonati dai Suicide, e forse unico vero apice del disco in questione) e “Oh No 2”, ballata ibrida e sulfurea tra King Crimson e Beatles, il cui titolo sembra essere la sintesi perfetta di questo secondo capitolo dei Foxygen. Oh no, di nuovo no!
07/01/2013