L’unica cosa che ci si può aspettare da Adam Pierce è che cerchi di sorprenderti. Ritmi latino-americani, folktronica (“The Chill House”), una certa tendenza a un’enfasi barocca che ricorda l’agone dei Wolf Parade (“Currents”, “This River Has A Tide”), uno sviluppo chitarristico quiet-loud che rimanda il post-rock più classico, qualche vaga ripresa di sfoghi umorali emo (“Pretending”).
Il tutto sapientemente presentato da un senatore della scena indipendente come Pierce, non solo realizzatore di uno degli studi di registrazione più frequentati da nomi che contano (Animal Collective, Frightened Rabbit, Tom Brosseau), ma anche presidente della Fat Cat Records. Insomma, certo non uno alieno dalle evoluzioni sonore attuali, anzi forse un loro propiziatore, ad esempio nella contaminazione con la world music del pop alternativo statunitense; ma anche attento osservatore, se si osserva la comparsa di uno stacco rap in “La Lunita Ha Crecido” e la confermata presenza come vocalist di Kristin Anna Valtsdutti dei Mùm.
“Candela”, già considerato uno dei suoi dischi più pop (“Contessa”), mette come prevedibile al centro l’identità “percussiva” dei Mice Parade, sui quali gli arrangiamenti di chitarra vengono lasciati liberi di esprimersi in rombi granitici e gentili svolazzi. La predominanza di questa batteria secca e indomita (come nel latino-americano di “Las Gentes Interesantes”) dà un senso di jam jazz al disco – e già nel precedente “What It Means To Be Left Handed” si era data nuova importanza all’improvvisazione.
Rimangono comunque carenze emotive lampanti, e il rischio di forzare la mano sull’esibizionismo virtuosistico c’è: mostrando di saper fare tutto si rischia di non fare niente.
Ed è un po’ quello che succede in “Candela”: uno scroscio di inchiostro simpatico, uno spettacolo di insipide meraviglie. Tanto rumore per nulla, insomma.
29/01/2013