B L A C K I E: tutte maiuscole e con gli spazi. Perché il texano Michael LaCour (di origine creola) sa quello che vuole. Partito con la missione di fondere hip-hop, noise e industrial in un formato sperimentale, B L A C K I E è approdato, sulla scorta di cinque dischi (“Spred Luv Lp” e “True Spirit And Not Giving A Fuck” i momenti più interessanti) a una forma nevrotica e torturata di jazz-hop per basso ultra-distorto e scordato, sassofono free, batteria, scampoli di elettronica e un’ugola in fiamme.
“Imagine Your Self In A Free And Natural World” è, a conti fatti, un lungo poema di redenzione, diviso in tre capitoli. I sedici minuti e mezzo di “Wings Blocking Out The Sun” racchiudono un vero e proprio psicodramma, in cui si susseguono aliene pulsazioni funk, spoken word sinistro, urla laceranti e magnetici barriti di sax che spesso inclinano su linee melodiche di matrice mediorientale. Il tutto, intorno al settimo minuto, viene risucchiato da un drone colossale in cui solo la linea melodica del sax cerca di mantenere intatta qualche parvenza di umanità, mentre le urla di LaCour disegnano scenari ulteriori di disperazione. Dopo essere lentamente sprofondato nel silenzio, il brano si autorigenera, ma all’iniziale senso di mistero si è nel frattempo sostituito un isterico senso di smarrimento. Un’oscillante figura di tastiera in minore ci introduce nell’universo nichilista di “Forest Of Ex-Lovers”, le cui prime avvisaglie sono dominate da un terribile sentimento di morte. In questi altri sedici minuti e rotti, LaCour approfondisce l’impianto teatrale della sua performance, dividendosi tra ipnotico abbandono e slanci angoscianti, mentre il basso rovina tra scordature e atonalità e la batteria sottolinea con violenza le esplosioni di rabbia.
Il mondo che LaCour ha di fronte è un mondo fatto di ingiustizia (“A vulture rises it told me it's name was injustice”) e dolore (“I cry but I don't know why”), di atrocità e rigagnoli di vuoto (“I can't see anyone below me/ is this freedom/ it sure feels dumb”). Eppure, “Imagine Your Self In A Free And Natural World” è un disco che cerca di scardinare questo stato di cose, invitando alla ricerca di un sentiero escapista: “Now is time/ black signs/ deciding to defy/ suicide/ but who am I if I do not try”). Un messaggio che si materializza in modo solenne in “Cry, Pig!”, il brano più breve del lotto (sei minuti e mezzo). Qui, come in un canto di resistenza, LaCour continua imperterrito a ripetere “Now it's time to cry pig”, quasi invitandoci tutti a prendere atto dei nostri limiti e delle nostre frustrazioni, prima di rialzare la testa.
22/12/2014