Correva l'anno 2004, dunque in piena epopea microsound: promotore e regista dell'intera operazione fu in realtà il magnate Steve Roden, uno con cui chiunque voglia vantare un posto speciale nell'olimpo di questo universo sonoro deve aver collaborato almeno una volta. Quella raccolta nelle due parti del disco è una performance tenuta presso la Parochial Church di Berlino quando tutte queste forme sonore non avevano raggiunto l'attuale diffusione.
Roden si presentò allora con un arsenale potenzialmente in grado di costruire ricami melodici tanto quanto profonde ossature di found sound, con Bretschneider impegnato invece nel calcolare al millimetro i contributi del suo Micro Modular. Per comprendere la vastità di questa tavolozza basta in realtà un rapido ascolto a questo “Suite Nuit”: field recordings di ogni genere, laptop sounds che hanno scritto la storia, richiami organici in forma di melodie e armoniche, beat minimali ma sempre pronti a costituire ossature forti.
La prima metà dell'esibizione, della durata di venti minuti abbondanti, sembra così offrire uno spaccato dello stato delle cose i tutti i tratti somatici della sound art di inizio millennio: dall'immersione in liquidi post-dub dell'inizio alle possenti trame del laptop al cuore del set, con brevi quanto significativi passaggi microsonori a condire il tutto. Decisamente più uniforme nel suo minimalismo monocorde è la mezz'ora della seconda metà, embrione di certe trame post-minimaliste che sarebbero state riciclate (ed abusate) in quest'inizio di decennio Dieci.
Un interessante documento che poco aggiunge alle carriere dei due, ma che traccia con successo una linea di giunzione tra passato e presente.
(06/02/2015)