Francobeat

Radici

2014 (Brutture Moderne)
songwriter, alt-pop
6.5

Il cantautore Franco Naddei, in arte Francobeat, è un colto multistrumentista emiliano già in band oscure come Arianera e Autobeat, oltre a sonorizzazioni di film muti e produzioni teatrali. A partire dalla seconda metà dei 2000 inizia la sua produzione solista.

Il primo “VedoBeat” (Snowdonia, 2006), libera reinterpretazione di “Mondo Beat”, è la sua prima parata di surrealtà in cui il tema del gioco e dell’infanzia s’intrecciano a quello dell’alienazione, in una sorta di maledettismo infantile. La musica è già un tour-de-force a mo’ di “radiodramma-documento” Captain Beefheart-iano e Todd Rundgren-iano di tecniche e stili di studio per voce e arrangiamenti, con tanto d’intervalli parlati in forma di monologo stralunato.

Il secondo “Mondo Fantastico” (Trovarobato Parade, 2011) importa anzitutto un’innovativa idea di multimedialità che si concreta in una sorta di “libro corale” larvatamente basato sulla “Grammatica della fantasia” di Gianni Rodari. E’ qui che la sua tematica del gioco affiora e fiorisce in un nuovo approccio fantasioso, con splendidi arrangiamenti stralunati da camera - e una maggior pacatezza di fondo - che permettono un flusso di canzoni in parte arrangiate e in parte improvvisate, un flusso che fuoriesce dai canoni del pop-rock per darsi all’immaginazione totale.

Il terzo “Radici” è un nuovo assalto al postmodernismo. Naddei rivivifica generi del passato, soffermandosi sui singoli episodi per rispettarne tempi e modi, come “Io ero bellissima”, dadaumpa rincitrullito per piano vintage e crooning alla Pino Donaggio, o la serenata acustica di “Camminare”, versione cubista e free-form di Samuele Bersani, o ancora una “Verde/secco” che tocca la dance alla Alberto Camerini ma disturbandola con un piano ribattuto e riverberato. La migliore, e apice del disco, è “Il pupazzo di neve”, rap Tom Waits-iano basso e bisbigliato sopra un riff fusion dissonante di contrabbasso e piano elettrico.

L’ora dell’introspezione e della descrizione della realtà è poi affidata alla ballata in forma di valzer elettronico di “Le mie meraviglie” e al suo corrispettivo acustico e umano di “Il principe e la donzella”, e a tutta una serie di canzoni ben rifinite.
“Belluno”, stomp in rime declamate attorniate da brandelli campionati di parlato, e “E’ bella la pioggia”, galoppo acustico ballabile con organo aurorale, fanno il paio con “Pillole”, altro acuto, con un sottile gusto francese e un tempo irregolare (che poi sconfina nel vaudeville elettronico). Giochi vocali e rime baciate surreali percorrono tutto il disco e si sfogano nel doppio finale, uno yin-yang di danze popolari, un veloce tango (“Carmencita”) e una lenta mazurka (“Che cambino le cose”).

Dal gioco e l’infanzia all’infermità psichica: concepito, suonato e arrangiato con e per i disabili della comunità “Radici” (San Savino, Riccione), da cui il titolo, che hanno attivamente partecipato alla lavorazione componendone le liriche, impietose e lucide nella loro abulica semplicità, e prestando le voci nella trilogia d’intervalli elettro-concreti di “Questa…”, “…è la mia…”, “…voce”. Naddei ne ha così cavato, anche grazie all’intervento dell’amico John De Leo, ex-voce capolavoro dei Quintorigo, e dei Sacri Cuori di Antonio Gramentieri, un multiforme, caldo caleidoscopio-canzone tra i più impervi degli ultimi tempi, appena inferiore al predecessore per la minor visione d’insieme. Altri ospiti: i suoi Santo Barbaro, Giacomo Toni, Massimiliano “Moro” Morini, suo leader nei Silent Revolution, Diego Sapignoli degli Aidoru, Giuseppe Righini, la manipolatrice elettronica Valeria Caputo.

20/09/2014

Tracklist

  1. Belluno
  2. Io ero bellissima
  3. Le mie meraviglie
  4. E’ bella la pioggia
  5. Questo è…
  6. Verde/secco
  7. Camminare
  8. …la mia…
  9. Il principe e la donzella
  10. Pillole
  11. Il pupazzo di neve
  12. …voce
  13. Carmencita
  14. Cha cambino le cose

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