“In geometria, il triangolo è un poligono formato da tre angoli e da tre lati; rappresenta la figura con il minor numero di lati, in quanto tre è il numero minimo di segmenti necessari per delimitare una superficie chiusa.” A detta di Wikipedia, questa dovrebbe essere la perfetta risposta di uno studente qualsiasi alla burbera maestra di matematica durante una delle solite terribili interrogazioni alla lavagna. Ma qui si parla di musica, of course, e comunque la definizione per Il Triangolo (la band, non soltanto la forma geometrica) potrebbe tranquillamente partire da questo assunto, dal numero tre e dalla sua simbolica connotazione.
Dopo l’ottimo disco d'esordio datato 2012, la giovane triade di Luino ritorna con il nuovo album “Un’America” e si conferma ancora una volta una realtà imprescindibile in mezzo alle nuove leve alternative italiane, senza "se" e senza "ma". Ogni canzone, ogni frase, ogni singolo frammento di questo disco si rivela fin dal primo ascolto nella sua affascinante freschezza compositiva, con un occhio costante al passato ma in una chiave assolutamente moderna.
Se le coordinate principali non si discostano molto dalla storia recente della band (i richiami tanto al beat pop italiano degli anni 60 quanto al prog del decennio successivo, una linea vocale inappuntabile che si snoda su liriche ricercate e mai banali), ecco che il basso distorto e la batteria "pestona" si tuffano nella furia rock a tratti waveggiante, il tutto registrato in presa diretta per offrire al suono una dimensione più densa, potente e "urgente".
La festosa apertura di “Un’America” quasi si scontra con l’oscuro post-punk di “Icaro”, mentre “La Playa” è una cavalcata agrodolce assolutamente meravigliosa, una specie di “Lacio Drom” dei Litfiba riletta in chiave moderna dai migliori Arctic Monkeys. “Avanti” si presenta intimista e scintillante nel suo incedere molto baustelliano per risolversi nelle gloriose martellate wave che si ripresentano nella successiva “Con Lei”, stratosferico cortocircuito fra la stretta attualità indie e la costante tensione verso il cantautorato italiano d’annata (datemi pure del pazzo, ma io qui ci sento un sacco Battisti…) confermandosi infine nella viscosa e coinvolgente reinterpretazione del prog-rock di italico stampo di “Oradarada”, pezzo impreziosito da un testo formidabile.
La grandezza di questo album e di questa giovane band sta tutta nel coraggio, nello slancio creativo e nella voglia di sperimentare, spaziando attraverso territori musicali trasversali con piglio personale e con una firma sonora ancora in via di definizione ma già ampiamente delineata nei suoi (pochi) difetti e (molti, moltissimi) pregi.
La nostra speranza è che Il Triangolo continui questo processo di maturazione che sta rapidamente portando questi tre ragazzi, da buoni mestieranti designati come semplici “eredi dei Baustelle”, a veri e propri protagonisti della scena rock alternativa italiana. L’esempio perfetto è tutto racchiuso in “Varsavia”, ideale anello di congiunzione fra passato, presente e ipotetico futuro della band lombarda.
Riassumendo: non sono perfetti, perché di perfetto c’è solo il numero tre. Di sicuro però sono davvero molto bravi. Speriamo che il tempo non ci smentisca.
23/05/2014