Terzo album e una discesa che sembra incrementare il suo grado di inclinazione: Paolo Nutini scrive e intepreta un album assolutamente di maniera. "Caustic Love", uscito per Atlantic sul finire dell'aprile di quest'anno, è indicatore di un passaggio del Paolo cantautore stile britpop della sua generazione a un Nutini tutto anima e corde vocali.
Nel precedente "Sunny Side Up" si poteva intuire la nuova direzione, più afroamericana che inglese; in questo ultimo lavoro, missato da Ryan Smith (l'ultimo Horrors) agli Sterling Studio di NYC, la metamorfosi è completata, regalando agli amanti dello scozzese un esempio di soul-singing puro ma che concede veramente poco all'immaginazione e alla sperimentazione.
Paolo Nutini dimostra di possedere una forte capacità interpretativa e vocale, perdendo senza particolari remore quello che ancora caratterizzava il suo personaggio: il ragazzo di Paisley canta l'anima, ma ha perso il sentimento.
Lo scorrere di "Scream (Funk My Life Up)", "Let Me Down Easy" - primi due singoli estratti - "One Day", "Better Man", "Cherry Blossom" ci ricordano che ascoltare il ventisettenne del Regno Unito è comunque piacevole, anche quando strozza i nodi in gola nel passaggio migliore del disco, "Iron Sky", intenso soul drama intrecciato con Marvin Gaye e l'interpretazioni vocali di Joe Cocker (evidente come Nutini abbia preso in prestito le intuizioni del problematico soulman di Sheffield).
Ma il britannico dalle origini toscane ha scritto un Lp con relativa forza di coesione tra un pezzo e l'altro e sul lungo il peso specifico del lavoro ne risente, lasciandoci un'ottima produzione con poche idee di continuità.
Come cantare di un'anima che non c'è.
30/06/2014