Terje Olsen non è di certo l'ultimo arrivato. E' sulle scene da circa un decennio, ha remixato di tutto ed è a detta di scrive uno dei migliori manipolatori in circolazione. Un impagabile seduttore alla consolle. Con l'amico di sempre Hans-Peter Lindstrøm ha incassato applausi a destra e a manca grazie a una ricetta tanto semplice, quanto meticolosa. Il motto è scongelare il passato e ricucinarlo a dovere tra laptop e analogico.
Sorrisetto sbarazzino, baffetti maliziosi, delicatezza e giusto pompaggio ai controlli esaltati da un amore infinito per la disco-music dei Settanta sono il biglietto da visita di questo campioncino norvegese. Negli ultimi cinque anni, Olsen ha utilizzato diversi pseudonimi, quali Chuck Norris, Pittbullterje, Tangoterje e Wade Nichols. Proprio quest’ultimo in riferimento al personaggio interpretato dal cantante/attore Dennis Posa, aka Dennis Parker, nelle sue apparizioni nel mondo della prima pornografia a stelle e strisce. Il che rende appieno l’idea di quanto il ragazzo ami prendersi poco sul serio.
Ma è Todd Terje il nick su cui fare pieno affidamento. Un’infinità di ripescaggi (Antena, Bryan Ferry, Jose Gonzales, Hot Chip, Simon Baker) riletti alla maniera di chi ama il passato sfruttando al meglio il presente, offrono un'eccellente prima visura delle potenzialità del produttore norvegese. A caratterizzare il suono targato Terje è una macchina semplicemente meravigliosa: l’Arp 2600. Olsen riesce a maneggiarla con una fisiologica tendenza al cazzeggio, variando diverse andature a seconda dell'umore da ricreare: ora house caldissima e vagamente balearica, ora disco-funky newyorchese da aperitivo sull’attico. Un mix travolgente a cui va sommata una stravagante inclinazione all’Exotica nella sua accezione più sinuosa. Ed è proprio l’incrocio di questi elementi a contraddistinguere le dodici perline disseminate nel qui presente “It's Album Time”, atteso disco d’esordio sulla lunghissima distanza e degno successore di una manciata di Ep, tra cui spicca l’ottimo “It’s The Arps Ep”.
Terje mette sul piatto un po’ di tutto. Cala innesti di samba e smanie baldelliane (“Svensk Sås”), si traveste da sommelier del groove come un perfetto moroderiano, fantasticando Martini da sorseggiare nello spazio (“Preben Goes To Acapulco”), fino a raggiungere con la propria navicella la prima isola deserta nel pacifico su cui allestire un inebriante party in salsa dimitriana (“Strandbar”). L'estetica lounge tanto in voga nei primi scorci degli anni Zero è quindi reinterpretata con classe. Mentre le melodie lasciano un segno che va ben al di là del puro intrattenimento.
Per il talentino norvegese il ritmo va servito in spiaggia usando dei vassoi d’argento. Dunque, via rigidezze elettroniche e bassi ciccioni. E’ tempo di fraseggi caraibici e svolazzi analogici da far gola ai due illustri francesini (“Delorean Dynamite“). C’è poi da ricambiare il favore al maestro di turno, l’eleganza resa uomo e mostrata a noi mortali: il divino Bryan Ferry. Così, la celebre e magnifica “Johnny and Mary” di Robert Palmer è adagiata su tappeti ben più morbidi, mentre la voce rauca e seducente dell'eterno dandy affonda lentamente il colpo.
Leggeri richiami fusion riaccendono ancora una volta la passione in “Alfonso Muskedunder”, a precedere i due voli intergalattici di “Swing Star”, con il buon Terje che gioca come un bambino tra gli Add (N) to (X) di “Avant Hard” e dei Liquid Liquid in vacanza a Honolulu. Chiude in bellezza “Inspector Norse” e il suo impareggiabile palleggio con piano birichino in stile eighties.
It’s summer time, it’s Terje time.
01/04/2014