Zeitkratzer performs Lou Reed

Metal Machine Music

2014 (Zeitkratzer)
chamber-noise, free-impro, avantgarde

Chissà se Lou Reed, quando nel lontano 1975 se la prendeva con la Rca - colpevole di averlo costretto a pubblicare un disco sfacciatamente sottomesso al Dio Denaro come “Sally Can't Dance” - e decideva di vendicarsi sfogando la sua rabbia in quattro suite da 15 minuti di soli feedback di chitarra, avrebbe mai pensato che quell'opera sarebbe diventata anni dopo un caposaldo per i maniaci del noise. Di sicuro, la metamorfosi dell'opinione pubblica riguardo “Metal Machine Music” è fra le più radicali che si abbia modo di ricordare: basta rileggere un paio di recensioni dell'epoca, e citare giusto quella di Rolling Stone che sentenziava senza pietà qualcosa come “a two-disc set consisting of nothing more than ear-wrecking electronic sludge, guaranteed to clear any room of humans in record time”.

Reed ai tempi venne bistrattato e preso in giro quanto e più del disco e nonostante questo non rinunciò all'auto-ironia, proclamandosi inventore primo ed esponente ultimo del vero heavy metal e finendo per riappacificarsi (temporaneamente) con l'etichetta non più tardi di un anno dopo, inaugurando con “Coney Island Baby” un compromesso destinato a durare ed evolversi per tutto il decennio successivo. Di “Metal Machine Music” se ne ricordarono in pochi (fra cui il mito Lester Bangs, che arrivò addirittura a scrivere un libro a riguardo) e in giro si smise di parlarne, fino a quando il feticismo rumorista non ha iniziato, con l'alba del glitch, a contagiare un ambiente sempre più vasto e ben più eterogeneo dei soli nostalgici dei primordi elettronici.

Da allora, almeno per costoro, “Metal Machine Music” ha iniziato a ricoprire un posto fra le fonti di ispirazioni più illuminanti della noise music, nel senso più ampio possibile della definizione. Così tanto ampio da coinvolgere anche l'orchestrina tedesca Zeitkratzer, formata esclusivamente da strumentisti acustici e dedita da inizio millennio ad una free-impro più improntata sull'eredità colta del primo Novecento che sulle ben più comuni deviazioni del free-jazz. Un'esperienza piuttosto unica nel suo genere, a dire il vero, nel suo costituire un trait d'union tra il delirio controllato e ragionato dell'improvvisazione libera e il rigoroso metodo sperimentale della cacofonia accademica.

Ma la missione numero uno di Reinhold Friedl e soci è da sempre quella di traslitterare nella propria lingua acustica materiale proveniente dai più disparati ambiti sperimentali, siano essi il theremin e le onde radio di Stockhausen, la techno astratta di Alva Noto, l'ambient insalubre di Terre Thaemlitz o le viscerali disperazioni di Keiji Haino. Con il “Metal Machine Music” firmato Zeitkratzer, qui alla seconda esecuzione live su disco (la prima nella struttura originaria di quattro movimenti) dopo quella con lo stesso Reed e il suo Metal Machine Trio nel 2007, avviene il medesimo processo, che assume però un'importanza ben diversa dalla mera esecuzione: l'ensemble penetra infatti all'interno del colosso di distorsioni apparentemente impermeabile firmato da Reed e ne mette in evidenza le impercettibili sfumature, le reiterazioni minimaliste (il debito con LaMonte Young si rivela impagabile) e un dialogo (probabilmente non voluto) tra dissonanze e improbabili armonie. Dando ragione a Lester Bangs, insomma.

La verità sta probabilmente nel mezzo: “Metal Machine Music” nasce, cresce e trova il suo compimento come uno scherzo, una vendetta, un gioco, e cercare oggi di affibbiare a Reed qualsiasi merito consapevole sull'opera è semplicemente un errore. Dall'altro lato, questa scientifica autopsia eseguita con fiati, piano, archi e percussioni rivela in maniera definitiva la quantità di gemme generatesi in quel marasma di feedback intrecciati casualmente. Sul come queste ultime siano riuscite a generarsi permane però un affascinante mistero, che i nove Zeitkratzer non si sforzano nemmeno di risolvere e che è probabilmente giusto resti tale.

03/10/2014

Tracklist

  1. Part 01
  2. Part 02
  3. Part 03
  4. Part 04

Zeitkratzer sul web