È un titolo che inevitabilmente spinge a fare un bilancio della carriera della band, e allo stesso tempo, in qualche occasione, riporta alla luce l’ispirazione più limpida nella scrittura di Hemming, come nei brani d’apertura di quest’ultimo lavoro: il singolo di apertura “Tall Black Cabins” ha in sé la mirabile essenzialità dell’esordio della band, mentre “Nothing Like This” sembra calare i Camera Obscura in una discoteca di fine anni 70, ricomponendo le ambientazioni favolistiche e sognanti della “società del tempo libero”.
Ciononostante a volte si insinua la sensazione dell’auto-plagio (“The Undefeated Ego”), generalmente con impatto e ispirazione minori dal punto di vista melodico (“You Are What You Take”, “All Is Now”) – e quella che la band e la scrittura di Hemming siano ormai aggrappate all’idea di sé stesse.
In “I’m A Setting Sun” si rivede un ironico numero di rock circense, presto convertito e sospeso in strimpellata al banjo, e ritorna qui la scompostezza e la piatta spavalderia dello scorso “Alone Aboard The Ark”.
Il declino sembra insomma inarrestabile per la band simbolo del movimento del Wilkommen Collective, una scena che purtroppo stenta a trovare validi eredi. Ma anche questo “The Fine Art Of Hanging On” lascia l’impressione che valga la pena “tenere duro”, sperando che l’ispirazione torni quella di una volta.
(14/04/2015)