Tim Hecker, Ben Frost, Lawrence English. Basta fare questi tre nomi e pensare agli ultimi step dei rispettivi percorsi sonori per capire che il sacro rappresenta oggi uno dei temi-chiave della musica atmosferica. A essersi evoluta è sicuramente in primis quest'ultima: dopo un decennio abbondante in cui, ripulendosi dalle scorie dei luoghi comuni new age, l'avanguardia ambient ha fatto rima con parole come esteriorità, paesaggismo, natura, disegno, ecco che da qualche anno il trend ha iniziato a mutare. Tra regressioni ai suoni organici, abbandono dell'esasperazione formale e riqualificazione del field recording come fonte di vita anziché semplice gergo sonoro illustrativo, l'interiorità è tornata protagonista, diretta o indiretta, delle atmosfere.
In tal contesto era mancato sino a oggi un contributo che provenisse dal made in Italy, scenario che negli ultimi anni ha vissuto una progressiva e cospicua espansione, in gran parte documentata anche su queste pagine. A colmare il vuoto arriva Giulio Aldinucci con questo disco per Time Released Sound che rappresenta in primo luogo una gradita quanto stupefacente sorpresa. Trovare un artista che si era distinto fino ad oggi per il suo paesaggismo impressionista – non ultima occasione l'anno scorso, con l'ottimo ed equilibratissimo “Aer” - alle prese con una vera e propria “sonorizzazione del sacro” non può che cogliere alla sprovvista, incuriosire già in partenza.
“Spazio Sacro” è sostanzialmente un viaggio attraverso l'idea stessa di soundscaping, il cui obiettivo è giungere a una coappartenenza tra evocazione e sostanza, nonché tracciare tutte le determinazioni della corrispondenza, biunivoca, fra suono e luoghi, spirituali (interiori) e fisici (esteriori), a loro volta originariamente legati. Questi ultimi, da cui provengono una serie di field recording legati fra loro a suon di droni e stratificazioni, corrispondono da parte loro a fonti di ricordi dell'artista stesso. Il risultato è un diario sonoro che traccia un percorso in cui il sacro diviene comun denominatore a legare suoni, ricordi e azioni, tempo e spazio.
Ma non è tutto: come accennato in precedenza, Aldinucci supera qui sostanzialmente l'eterno dualismo tra l'ambient letto (interiormente) come “suono dell'ambiente” (suono che appartiene all'ambiente, lo costituisce) ed (esteriormente) come “suono per l'ambiente” (suono che è costruito, elaborato, pensato per adattarsi all'ambiente, o per suggerirne l'evocazione, o ancora suono prodotto dall'ambiente stesso). Nello “Spazio Sacro” entrambe le letture trovano compimento: nell'amalgama di rumori e armonie dell'ouverture di “The Hermit” il suono è lo Spazio Sacro stesso e non una sua rappresentazione, e con esso ci troviamo a contatto diretto con il suo spirito.
“Sator” prosegue con la medesima attitudine modificando la prospettiva: come in una liturgia scandita dalle armonie, la componente materiale viene qui a mancare e la percezione si fa puramente spirituale. Anche quest'ultima scompare invece in “The Liquid Room” assieme alle field recordings, lasciando spazio esclusivamente al potere evocativo del suono, già palesatosi (stavolta attraverso il ricorso a brandelli di vita in esso racchiusi) nel flashback di “Ricordo”.
Il tradizionale paesaggismo esteriore è rivisto in “Come un immenso specchio d'inverno”, dove la bidimensionalità offerta dalla rifrazione mette nuovamente in relazione suono, potere evocativo e impulso vitale.
Se “Mountain” evolve quest'ultima concezione ampliando lo spettro (da uno specchio con il suo potere alla forza spirituale della montagna) e introducendo l'elemento narrativo, quest'ultimo è sviscerato in tutta la sua efficacia nel finale di “Camino”, dove a essere registrata e rielaborata è una preghiera in chiesa. L'idea di sacro si ricongiunge qui anche con la sua (limitata) concezione originaria e tradizionale, che rappresenta comunque uno stralcio di storia che lega presente e passato oltrepassando la frontiera del tempo, al tempo stesso parte di una cultura e sua manifestazione.
Un nuovo step, per la prima volta a firma italiana, in un discorso musicale che rimane la frontiera più fertile dell'attuale panorama ambient. Nonché la prima, dopo molto tempo, a stare riuscendo nell'impresa di raggiungere e conquistare pubblico oltre la “solita”, limitata nicchia.
Straordinario.
03/07/2015