Dopo aver rovistato nei cassetti della memoria con "Long Wave", Jeff Lynne rispolvera il marchio di fabbrica Elo con un album che già dal titolo riconnette il suo passato da rockstar al più riflessivo presente. Un ritorno che mette un definitivo sigillo a una carriera baciata dal successo, ma anche dalla stima di colleghi come Bob Dylan, Tom Petty, George Harrison o Roy Orbison, figure primarie della storia del rock che fanno ancora eco nella sua produzione attuale.
Non sono in pochi a ritenere gli Electric Light Orchestra tra i responsabili della magniloquenza produttiva della musica dei tardi anni 70, il culto dell'eccesso tecnologico e il conseguente ricorso all'immaginario fantascientifico hanno spesso messo in cattiva luce la creatività di Jeff Lynne e soci. "Alone In The Universe" resta timidamente più nei paraggi della produzione post-"Discovery", con un sound meno pomposo e una scrittura perfetta e calibrata, che ne fa quasi un potenziale greatest hits di quell'enorme patrimonio musicale inciso da Lynne negli ultimi quindici anni, e che egli ancora custodisce gelosamente nel cassetto.
Nulla è andato perduto della perfezione stilistica che ha contraddistinto i tempi migliori, anzi Jeff ha appreso l'arte della sobrietà, conciliando la sua naturale propensione all'enfasi pop-sinfonica con la capacità di distillare il proprio lirismo in canzoni dal piglio sicuro e maturo, che rendono oltremodo interessante un ritorno discografico che non suona come un'appendice.
La malinconica "When I Was A Boy" non ha solo il compito di aprire l'album: Jeff affida un romantico viaggio nei ricordi a una melodia toccante e semplice, un unico giro armonico che si libra in un emozionante crescendo, tra accordi di piano che evocano "Imagine" (John Lennon) e "A Whiter Shade Of Pale" (Procol Harum).
"Alone In The Universe" è l'album in cui il musicista fa un primo bilancio della sua vita artistica, partendo da quell'insana passione che prese forma dopo aver assistito a un concerto di Del Shannon; è il racconto di un sogno divenuto realtà, che trova altresì conforto nella consapevolezza di aver vissuto un'era ricca di illusioni e prospettive, che oggi sembrano pura utopia.
Il potenziale appeal del nuovo progetto a nome Elo è comunque legato alla collocazione mnemonica del passato - i più fedeli fan non potranno che gioire della ritrovata capacità di Jeff di trasfigurare il soul-funky di "Love and Rain" in un delizioso pop-beat destinato a entrare tra i suoi classici, o di flirtare con il rock'n'roll in "Ain't It A Drag" senza far venire l'orticaria. I fruitori occasionali troveranno invece confortevole l'estrema concisione dei tempi, con canzoni che superano di poco i tre minuti e che mai indugiano nella ridondanza di molta musica pop.
Brani come "Dirty To The Bone" conservano l'ingenuità dei Sixties senza ricorrere al modernariato, anzi, evocando quella deliziosa banalità (anche dei testi) che viene apprezzata dai critici solo se inglobata nell'ennesimo album di college-pop lo-fi. "The Sun Will Shine On You", al contrario, fa tesoro della maturità e della disillusione, conciliando lo slancio appassionato e sentimentale con quella misurata sobrietà che aleggia su tutto l'album.
Come sempre alcuni episodi emergono per classe e stile, brani capaci di coinvolgere nel loro mondo dorato anche i fan del rock più oltranzista. Questo avviene nella pulsante melodia a cuore aperto di "All My Life" e nella superba "Alone In The Universe" (David Bowie meets Elton John). Nonostante Lynne abbia realizzato il tutto in perfetta autonomia, resta intatto il prestigioso e glorioso sound dei tempi passati ("One Step At A Time"), la seducente "When The Night Comes" sembra uscire dalle session di "Out Of The Blue" con il suo refrain a più voci, mentre "I'm Leaving You" è puro Roy Orbison era Traveling Wilburys.
Con "Alone In The Universe" il marchio Elo torna a campeggiare con fierezza nella produzione discografica contemporanea, con quell'immagine di copertina che cerca di recuperare i sogni dell'infanzia nonostante la disillusione della realtà. Credetemi se vi dico che nessuno meglio di Jeff Lynne può restituirvi quella bugiarda, ma piacevole, incoscienza della gioventù.
13/12/2015