Lo scrivo senza cattiveria alcuna, davvero, ma provo una sentita tenerezza nei confronti di George Lewis Jr. in questo momento. Perché ha appena fatto un madornale errore di tempistica.
Quando cinque anni fa esordì, a nome Twin Shadow, con “
Forget”, in tanti applaudirono quel perfetto connubio tra delicatezze indie e nevrosi
new wave, ironizzando però su come la sua fisicità grossolana e non proprio avvenente stonasse un po’ in quel contesto musicale così raffinato. Un attore porno di bassa lega che si strugge come
Morrissey fu l’ironica e frettolosa descrizione del personaggio che spesso si lesse in giro. Due anni dopo, il primo cambiamento: look più curato, comunque vintage, da sexy
rocker (“ma non se lo può permettere!”) in sella alla sua motocicletta per presentare un sottovalutato secondo album in cui ci faceva capire che degli anni 80 lui preferiva forse l’adolescenziale emotività di certe colonne sonore
hollywodiane.
Come presentarsi al pubblico quindi, per giunta al suo debutto con una major, in questo 2015? In un panorama ormai letteralmente saturato da uno stuolo di giovani artisti della porta accanto, perfettini ma poco carismatici, magari nascosti dietro una chitarra a cantare le loro confessioni soul-blues (che vent’anni fa sarebbero state bollate come trite e bolse), Twin Shadow diventa, contro ogni previsione, un vanitoso fashion victim. Videoclip ambigui e servizi fotografici patinati, latex e paillettes, Lewis Jr. sembra essersi trasformato insomma in una figura completamente anacronistica, che non si vedeva e sentiva più da anni nella scena pop maschile: quella del divo ombroso e irraggiungibile.
E “Eclipse”, la sua nuova e sempre più elettronica proposta musicale, ne viene ovviamente condizionata. E’ chiaro sin dall’
incipit, con la bella “Flatliners” che snocciola subito una melodia che non dispiacerebbe al
Drake più melodico, prima di venir inghiottita dalla muscolosità dell’arrangiamento.
Certo, le fascinazioni ottantine non mancano nemmeno stavolta (“When The Lights Turn Out” farebbe gola ai
Killers migliori) e raggiungono il culmine nella già edita “To The Top”, che potrebbe essere stata prodotta a metà di quel decennio per i
Simple Minds o
Peter Gabriel. E l’ex-
Genesis sembra essere diventato il nuovo principale riferimento (altro che
Smiths!) per Twin Shadow, e non soltanto vocalmente. Per rendersene conto basta addentrarsi nelle vischiose sonorità
trip-hop della sensuale “Turn Me Up” e di “I’m Ready”, coi suoi tribali vocalizzi, o assecondarlo quando, nella meno oscura e più fragile “Alone”, si illude di trovare in Lily Elise (reduce dal
talent “The Voice”) la sua
Kate Bush.
Chiunque abbia apprezzato l’immediata amabilità dei pezzi di “
Confess” si farà facilmente conquistare dalla disperata
title track e dalla più languida “Locked & Loaded” posta in chiusura del disco, ma dovrà probabilmente scavare un po’ più a fondo, nella sontuosa coltre
electro di “Half Life” e nelle ruvidi dissonanze di “Watch Me Go”, per trovare un po’ di conforto. A tutti gli altri che invece inizieranno a rimpiangere quell’elefante nella cristalleria che era un tempo, Twin Shadow sembra rispondere deciso con “Old Love/New Love”, trascinante numero house anni 90 (sputtanato solo da evitabili cori da stadio), quasi a voler dire: “Metamorfosi completata, non si torna indietro, fatevene una ragione”.
Ma là fuori, oggi, ci sarà davvero qualcuno disposto ad ascoltare e apprezzare uno così? Non fosse altro per il coraggio di una proposta così controcorrente e di una virata così radicale, c’è da augurarsi di sì.
15/03/2015