A. Dörner / F. Hautzinger / C. L. Hübsch / M. Kerbaj - Ariha Brass Quartet

2015 (Al Maslakh)
free improvisation, sperimentale

Chi ha seguìto da vicino gli sviluppi della free impro negli ultimi (almeno) due decenni sa bene che il ruolo, anzi il suono, l’essenza stessa dello strumento a fiato è stata rimessa del tutto in discussione: in Europa come oltreoceano si è fatta piazza pulita delle tanto ingombranti quanto seminali e indiscusse eredità del jazz tout-court e si è scelto, in molti casi, di approcciare lo strumento quasi come farebbe un uomo primitivo, o un bambino ben poco avveduto della sfera musicale.
Un percorso che dai luminari degli anni Sessanta passa per l’antiaccademico John Zorn degli esordi più sperimentali - prima del ritorno all’ordine (si fa per dire) con Naked City e Masada - e prosegue in maniere sempre più radicali col sax di John Butcher, i clarinetti di Masahiko Okura e la tromba di Masafumi Ezaki; giungendo all'immediato e ravvicinato presente col decano Vittorino Curci e le sue "Breathing Strategies" (Plus Timbre, 2016), dal cui sassofono non esce neanche un suono ad esso chiaramente riconducibile.

Ma in generale si è trattato quasi sempre di esperienze o puramente soliste, o inserite in un contesto d’ensemble completo, tra archi e percussioni. Si ha dunque ragione di credere che un simile quartetto di soli ottoni non abbia alcun precedente: ma la formazione dell'Ariha Brass Quartet si configura come inedita non soltanto nel riunire due coppie di musicisti di riferimento nel campo dell'improvvisazione, bensì anche nell'intento organico sotteso alla loro sessione libera.
Nella line-up figurano due nomi stellari della tromba come Axel Dörner e Franz Hautzinger, già attivissimi in decine di formazioni e dal comun denominatore di una breve gravitazione nell’orbita degli zeitkratzer; completano il quadr(at)o il trombettista libanese Mazen Kerbaj e la tuba di Carl Ludwig Hübsch, proveniente da Colonia come Dörner.

Se dietro la loro interazione ci fosse un deus ex machina, sarebbe verosimile credere che abbia chiesto loro di produrre suoni antitetici, assieme reali e immaginari, onomatopeici e astratti. Al principio “Mar Mikhael In The Afternoon” sembrerebbe il field recording di uno stagno di anatre bioniche, dalle cui gole si leva un canto sgraziato ma non sofferente; è una natura parallela dove man mano la continuità dei suoni va spezzandosi in beat gravi e sotterranei, come coperti da uno spesso strato di feltro; dal grave rimbrottare si passa poi alle indagini più caute e invisibili, dove i quattro giungono ad avvicinare il silenzio assoluto e dunque le sponde orientali dell'onkyokei.
Droni tremolanti, vibrazioni fulminee e cicalecci (“Gemmayzeh Drinks”) disegnano un ecosistema dalle fattezze sempre meno riconoscibili, che pervenendoci per mezzo della sola componente sonora lascia all’immaginazione tutto lo spazio possibile. Possiamo allo stesso modo avvertire il gravitare a mezz’aria di un buffo disco volante, il clangore dei rimasugli spaiati di una catena di montaggio industriale o un dialogo surreale fra vecchi utensili da cucina (“Armenian Coffee”), senza tema di smentita.

Nella realtà dei fatti, evidentemente, abbiamo quattro musicisti impegnati a reinventare con audacia il proprio strumento, incastonando partiture immaginarie che in certi frangenti sconfinano dalla musicalità a tal punto da poterle confondere con collage di natura elettroacustica (“The Last Supper In Sin El Fil”).
Ma è proprio per questa sovrabbondante varietà ed eccentricità di linguaggio che il quartetto Ariha potrebbe affascinare persino certi insospettabili melomani: il processo evolutivo del loro imperscrutabile discorso è talmente brillante da farcene addirittura dimenticare il territorio d’appartenenza - l’ala più radicale dell’avanguardia contemporanea.

09/03/2016

Tracklist

  1. Mar Mikhael In The Afternoon
  2. Gemmayzeh Drinks
  3. Armenian Coffee
  4. Hamra Drinks
  5. The Last Supper In Sin el Fil

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