A ben sei anni di distanza da “Wilderness Heart”, con la sola parentesi della soundtrack “Year Zero”, ma con molti side project che si muovono in continuazione, i Black Mountain tornano nel 2016 con "IV", un lavoro che si caratterizza per sonorità decisamente meno solari rispetto al precedente.
I portentosi riff, inequivocabile trademark del quintetto canadese, diventano oggi strumentali per un approccio che si fa maggiormente spacey, concretizzandosi in brani (ma non è certo una novità per loro) lunghi e strutturati.
L’iniziale “Mothers Of The Sun”, che alterna elettricità e momenti atmosferici, è da subito manifesto programmatico dell’album, ma più avanti anche “(Over And Over) The Chain” e la fortemente evocativa “Space To Bakersfield” spingono il minutaggio intorno ai nove minuti.
Le voci di Amber Smith a Stephen McBean si incrociano a meraviglia su tessuti sonori vintage che mescolano assieme chitarroni di evidente derivazione zeppeliniana/sabbathiana con atmosfere psichedeliche e dilatazioni kosmische, sovrapponendo strumentazione tradizionale e lievi incursioni elettroniche.
La band canadese riesce però a dare il meglio di sé quando si dimostra in grado di sintetizzare il flusso musicale in composizioni meno diluite, puntando ora sull’immaginario hippie del singolo “Florian Saucer Attack”, ora sulle reminescenze folky di “Line Them All Up” e “Crucify Me”, ora sulla rotonda perfezione alt-rock di “Defector” e “Cemetery Breeding”, ora pestando con decisione sul pedale del distorsore, come nel caso di “Constellation”.
Un po’ figli dei fiori, un po’ instancabili hard-rocker, i Black Mountain si confermano fra i migliori rappresentanti del classic rock nordamericano del nuovo millennio.
Sei anni sono abbastanza per mettere in piedi un disco che non tradisca le attese, e “IV” infatti si guadagna senza troppa fatica i galloni di ennesimo ottimo lavoro del combo canadese.
30/03/2016