Alla Anti stanno giocando diverse carte pesanti, ultimamente: una serie di dischi che, a tenerli in mano, sembra davvero avverarsi lo scherzo: "Pesa più un chilo di piombo...?". Il "piombo" di "Case/Lang/Veirs", così come quello di alcune delle ultime uscite Anti, è il carico degli arrangiamenti, dello sforzo compositivo e, in questo caso, dei nomi coinvolti, tre cantautrici delle più riconosciute nell'Americana contemporaneo (Neko Case, k.d. lang, Laura Veirs).
Per di più è facile avvertire che il disco ha avuto una gestazione davvero collettiva, pur nell'avvicendarsi di stili, dal crooning soul di "1000 Miles Away" al motivetto country-pop di "Best Kept Secret", e il risultato ha così la compattezza del grande classico, con arrangiamenti grandiosi e suggestivi (il chamber-country di "Blue Fires"). Anzi, viene da dire che è proprio aver lasciato a ognuna esprimere esplicitamente la propria impronta, evitando tracce "da supergruppo", con duetti e armonizzazioni forzate (unica eccezione il singolo "Atomic Number"), l'intuizione più felice di questa collaborazione.
Così è facile cadere vittima della soggezione, anche grazie allo stato di grazia delle tre, ma il songwriting del disco è in fin dei conti ben più altalenante di quanto arrangiamenti ed esecuzione, sempre impeccabili, vorrebbero far credere. "Georgia Stars" è un numero alt-country tirato, alla Junip, ma piuttosto spento e prevedibile; il soul-folk di "Why Do We Fight" esemplifica la perigliosa tentazione da supergruppo del manierismo, come se bastasse la propria presenza, la propria interpretazione a giustificare l'ascolto.
"Delirium" rappresenta, pur nell'efficacia, anche quanto ci sia di puramente tributario agli anni Settanta nel disco (in questo caso a "Rumours"), nella sostanza, al di là della preponderante estetica revivalista. Altre volte, la scrittura semplicemente non regge il confronto con l'impianto generale d'arrangiamento (il banale country-folk-pop alla First Aid Kit di "I Want To Be Here").
"Case/Lang/Veirs" rimane comunque un disco che sa impressionare e che può rappresentare uno standard, con quella "impressione", appunto, da lavoro per intenditori. Un ascolto gradevole, ma sostanzialmente nessun brano memorabile.
23/06/2016