DM Stith - Pigeonheart

2016 (Outset Recordings)
songwriter
6.5

Dal fantasma pesante al cuor di piccione. In pochi si erano accorti e ancora meno avevano capito il debutto di Daniel-Michael Stith (nativo di New York), "Heavy Ghost" (2009); forse per paura di sovraccaricare il suo potenziale pubblico, "Pigeonheart" arriva a ben sette anni da quel primo episodio. Tra uno e l'altro, solo una raccolta di demo e remix ("Heavy Ghost Appendices", 2010), molto silenzio e, più avanti, un singolo presentato con distaccata, timida nonchalance, un "War Machine" (2014) che è una sordina in tempo di swing ritmata da oggetti trovati, percossi vellutatamente. È soprattutto la struttura a impressionare: Stith mette in sequenza spezzoni di formule cantate per averne la libertà di sovrapporle, fratturarle, e quindi metterle in un crescendo d'apoteosi.

È in tutto il manifesto della nuova opera, aperta dal refrain sfigurato dalle pulsazioni e i voli canori deformi di "Human Torch", e rimpolpata poi dall'allucinazione tribal-caraibica di "Summer Madness" (una preghiera a mezza voce) e dal mulinar di percussioni trottanti (citazione inconscia dell'incipit di "Scarecrow" di Syd Barrett) per il raga trascendentale di "Rooster". Stith imposta esperimenti delicatissimi che rischiano a ogni secondo di scadere in una rinfusa di suoni.

Se "Murmurations" è un breve ma prodigioso distillato della sua personale rivisitazione delle armonie vocali, "Cormorant" è una sua applicazione a un livello più basso di astrazione (una ballata folk arroventata di sinusoidi elettroniche). La filastrocca tossica e sognante in tempo di valzer di "My Impatience" (sette minuti) si protrae finché il trip non s'innalza tra gli astri come una cometa tremula e sfavillante e poi si appiana nell'ancor più scarna title track, per voci in loop, echi e silenzi e solo un motto imperativo che si rifrange nella storia della musica vocale, dai gregoriani ai Beach Boys.

Di struttura, tono, clima e intenzioni sovrapponibili al debutto. Ben lungi dall'esserne una semplice e furba replica, è piuttosto il modus dello sperimentatore che tiene stabile una variabile per cambiare le altre, cioè - nella fattispecie - spostare di una tacca il proprio ruolo da cantore folk a produttore, leader, arrangiatore ossessionato dalle possibilità dell'ugola. La rende possibile anche una spavalderia che, va da sé, cede qualcosa: un buon techno-pop cartoonesco a ritmo indiavolato ("Sawtooth") e un vitreo nu-soul basato sui cori del brano eponimo ("Amylette"), rispettivamente la concessione facile del caso e il riempitivo di lusso. Bonus per l'edizione digitale: "High Power".

03/08/2016

Tracklist

  1. Human Torch
  2. Sawtooth
  3. Summer Madness
  4. War Machine
  5. Murmurations
  6. Cormorant
  7. Amylette
  8. Rooster
  9. Up To The Letters
  10. Nimbus
  11. My Impatience
  12. Pigeonheart

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