Egle Sommacal

L'atlante della polvere

2016 (FalloDischi / Martire Records / Sangue Dischi)
fingerpicking, folk strumentale

Il dono della pazienza si ottiene con l'età, lontano dalla rabbia e dalla frenesia giovanile. Egle Sommacal non è mai stato un musicista impulsivo, ma l'allentamento dell'esperienza Massimo Volume lo ha di certo condotto a una riflessività ancor maggiore, risalendo la corrente per ritrovare la radice dell'espressione solista e solitaria dell'età moderna: l'America di John Fahey, come ideale parallelo e complemento dell'America letteraria attinta da Emidio Clementi, dai e sui livelli più umili della società post-bellica. Arte immarcescibile, sebbene sottilmente ricoperta dai sedimenti del tempo: una polvere che non si posa sulle cose dimenticate, ma su quelle che restano e rimangono là dove sono sempre state, non a lato ma al fianco della vita.

Afferrare un'intuizione nascosta, nella memoria o tra le dita, studiarla e poi inseguirla, plasmandola finché non esaurisce il suo potenziale, il suo minuto apporto di senso: sembra essere questo il modus operandi del Sommacal solista, che come Cézanne e Morandi concentra tutta la sua attenzione sulle figure elementari, mettendole al centro di una graduale coloritura dal tratto netto e preciso. Linee continue sulle corde basse rimarcano il terreno su cui edificare arpeggi e progressioni che dal primitivismo d'oltreoceano sèguita a spostare sempre più la bilancia verso il fingerpicking di James Blackshaw.

Immagini vivide e intuizioni melodiche si influenzano a vicenda, dalle passeggiate al buio di "Fantasmi" e "Fine di un anno" alla fantasia interdisciplinare de "Il poeta Rheiner dipinto dal pittore Felixmuller"; dopo la "Gymnopédie" trascritta per lo scorso album trova ancora spazio il delicato bozzettismo ispirato alla musique d'ameublement di Satie ("Inno a qualcosa che non ricordo", "Un pezzo di carta attraversa la strada..."), mentre il momento di intensa poesia "Seravella nella neve" pare voler ingentilire uno fra i temi più drammatici (e abusati) della classica moderna, "Nell'antro del re della montagna" di Edvard Grieg.
In penultima istanza giunge la deviazione elettronica "Natura", dove Egle sperimenta la straniante addizione di loop alieni, abbandonando per sei lunghi minuti il rifugio acustico sinora architettato con tanta cura. Tuttavia la battuta finale è riservata alla più pura nostalgia per Fahey, coi fitti arpeggi cadenzati di "Fiori per il tuo compleanno".

Semplice ma sempre meno facile, la vena solista di Sommacal aspira a una crescita lenta ma costante: un atlante del sé, miniato con quella pazienza che un sempre minor numero di artisti ha l'umiltà di perseguire e mettere a frutto. Arte eternamente perfettibile e perciò inequivocabilmente umana.

29/04/2016

Tracklist

  1. Inno a qualcosa che non ricordo
  2. La città dei coltelli
  3. Fantasmi
  4. Il poeta Rheiner dipinto dal pittore Felixmuller
  5. Seravella nella neve
  6. Fine di un anno
  7. Un pezzo di carta attraversa la strada sospinto dal vento, si ferma pochi istanti su un cespuglio e poi sparisce dietro un angolo
  8. Natura
  9. Fiori per il tuo compleanno

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