Immaginatevi di dover scegliere un volume limitato di informazioni (immagini, video, documenti, oggetti, connotati fisici) per descrivere voi stessi: un compito apparentemente semplice che in realtà potrebbe occupare tranquillamente il resto della vostra vita. In qualche modo simile (ma certamente meno terrorizzante e definitiva) è l’impresa che ha intrapreso Nicholas Currie, ovvero Momus, uno dei cantautori inglesi forse più ingiustamente sottovalutati degli ultimi decenni, in occasione del trentennale della sua carriera.
“Pubic Intellectual: An Anthology 1986-2016” suona infatti ben lontano – e c’era da aspettarselo, per un personaggio spesso definito “troppo intelligente per il suo stesso bene” – dal classico greatest hits, ma sembra piuttosto un compendio di una personalità e della sua evoluzione nel corso di questi trent’anni, una sorta di simulacro da spedire alla deriva nel cosmo.
Una personalità che parte dalla wave acustica di “Lucky Like St Sebastian” (primo brano dell’imprescindibile esordio, “Circus Maximus”), "Paper Wraps Rock" e "Flames Into Being", e arriva all’accenno di electro-pop introspettivo-futurista di “The Age Of Information”, nel tentativo di raccontare le innumerevoli sfaccettature di una popstar mancata: le reinterpretazioni del pop sintetico e cameristico non sono che uno dei possibili assi della sua ricerca (che investe anche vari aspetti socio-culturali, ad esempio quelli dell’integrazione del mondo biologico con quello digitale).
In “Spacewalk” Currie assomiglia a un George Michael più ironico, in “Closer To You” si fa menestrello sex-symbol, idolo queer in “The Homosexual”, in “I Was A Maoist Intellectual” tratteggia un ritratto di sé stesso come emarginato dello show-business. Tutte incredibili rifrazioni sonore di una mente creativa tra le più fervide di questi ultimi decenni.
Un’antologia che diventa così uno dei racconti più fedeli di una vita artistica mai tentati, privo di velleità commerciali ma ennesima opportunità per scoprire e riscoprire un autore che ha attraversato anni e anni di musica e cultura, in generale, senza mai perdere il contatto con la realtà, ma anche senza mai perderlo con l’essenza della sua arte, né soprattutto con i motivi fondanti della sua espressione.
Quello che risalta, alla fine di queste quasi quattro ore, è un documento che sarà l’invidia di molti altri artisti che guardano alla propria carriera e al tempo stesso non rappresenta, sicuramente, un punto d’arrivo per Nicholas Currie.
25/10/2016