La seconda vita dei gloriosi Feelies prosegue, a distanza di qualche anno da "Here Before" (2011), con "In Between". Formazione invariata: Glenn Mercer, Bill Million, Brenda Sauter, e Stan Demeski, con Dave Weckerman alle percussioni aggiuntive.
Il contenuto musicale è sempre più impalpabile. Canzoni come "Stay The Course", "Time Will Tell" e "When To Go" nascono timidamente, cantate a cappella ma quasi senza voce, arrangiate col minimo dei mezzi e delle capacità, e svaniscono nella psichedelia più inerte.
"Flag Days", complimento o meno, sembra un Warren Zevon senza la giusta forza.
Dove l'album acquista vita ed elettricità ("Been Replaced", la Rem-iana "Gone, Gone, Gone") cede all'irrilevanza. A salvarlo dall'anonimato è la reprise della traccia eponima posta in chiusa, con una coda di feedback chitarristici che è una delle loro più filologiche imitazioni (forse anche oleografiche) dei Velvet Underground.
Improntato a una senile signorilità, un po' l'esatto contrario della foga di "Crazy Rhythms" (1980) ma pur coerente con la loro umiltà di sempre, è a tratti un'opera a due di Mercer e Million, appiattita e avvilita sui bei tempi andati. Sesto disco in quasi quarant'anni, traduce in neutralità quel loro tipico sguardo che fu obliquo, distaccato e anche tagliente, un'operazione democratica per farsi piacere trasversalmente a più generazioni. Certamente prescindibile ma non indegno.
08/03/2017