Nkisi

Kill

2017 (MW)
afro-house, trance, gabber

Sono solo quattro brani, per giunta del tutto canonici come durata, eppure introducono alla perfezione l'universo sonoro di Nkisi (al secolo Melika Ngombe Kolongo, con un moniker che rimanda alle tradizioni spiritiche del bacino del Congo), tra i tre volti che nel 2015 hanno istituito il collettivo artistico NON e la rispettiva etichetta, che nella sua pur breve (sinora) attività ha contribuito a lanciare un nuovo modo di intendere l'elettronica sperimentale, nonché le innumerevoli potenzialità concettuali ancora rimaste inespresse.
Per la sua carriera solista, giunta finalmente alla prima pubblicazione fisica, il discorso tuttavia si fa decisamente diverso rispetto all'indirizzo sonoro e alle tematiche proprie della label co-diretta assieme a Chino Amobi e Angel-Ho. In “Kill” si fa presto a rivelare il perché: estetica e sound divergono totalmente dalle rarefazioni ambient o dai collage sonori propri della maggior parte delle pubblicazioni dell'etichetta, per guardare dritti in faccia venticinque anni di club-music, opportunamente rimasticati e piegati alle esigenze espressive di una producer intelligente e tra le più imprevedibili sulla piazza. In un quarto d'ora, si dispiega un mondo intero di possibilità e sensazioni.

È il ritmo, il collante principale dei quattro episodi dell'Ep: massacrato, deviato, imbastardito e alterato a più non posso, nella sua frenesia e nei suoi imprendibili cambi di traiettoria è il punto focale di ciascuno dei brani, la colonna portante su cui poter edificare le composizioni. Nel caso del lavoro in questione, il termine “composizione” è più che mai azzeccato, dacché le evoluzioni di ogni brano parlano di una malleabilità produttiva e di un fiuto per hook più o meno subliminali che si infilano sottopelle. In una mescola che trae le proprie mosse dalla recente esplosione delle sonorità afro-house, dalla trance anni 90 e dalla gabber, quello di “Kill” è un manifesto di club-music ipercinetica e densissima nell'espressione sonora, dalla decrittazione apparentemente complessa ma ciononostante dalla fruizione immediata, priva di grossi filtri concettuali. Così, la progressione sbilenca della title track si articola in un coinvolgente susseguirsi di suggestioni Idm à-la Autechre, clap frizzanti e spunti bass, a sostegno di uno sfaccettato alternarsi di scanzonate cadenze afro e più minacciosi segmenti d'atmosfera. La stessa maestria produttiva si rivela alla base di “Mwana”, in cui il taglio trance del brano, scandito da un battito affilatissimo e dalle vaghe sfumature industrial, vagheggia sotto a sinusoidi sintetiche e cazzotti di stampo gabber, in un accavallarsi di sensazioni e riferimenti.

Non manca poi il momento in cui l'estrazione africana spunta fuori senza alcuna mediazione, corredandosi di suadenti pad d'archi, raffinati hi-hat e un pattern ritmico più lineare e delicato, per quanto comunque tutt'altro che elementare (”Can You See Me”) o quello pronto da sudare nei club più ricercati, forte di un andamento adrenalinico che a suo modo prova a elaborare in chiave afro-bass l'ambiente footwork (“Parched Lips”, giustamente riconosciuto come il brano focale della piccola raccolta).
Nell'arco di questi quattro brani, Nkisi non si risparmia minimamente, dà un pieno assaggio di quale sia la ricchezza del suo sound e quale lo spirito d'intraprendenza nell'uscire fuori da ogni tracciato atteso. In un dialogo aperto tra culture, epoche e stimoli, quanto incluso in “Kill” è insomma uno dei più vibranti manifesti elettronici del 2017. Non lasciatevi intimorire dalla durata succinta: è tutt'altro che un difetto.

11/07/2017

Tracklist

  1. Kill
  2. Can You See Me
  3. Mwana
  4. Parched Lips

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