Ormai è talmente connaturato all'ascoltatore alternativo l'immaginario (post-)adolescenziale americano che il transfert emotivo provocato da "Wild Pink" è immediato: la Hudson Valley di "Broke On" si dispiega in una sospesa alba esistenziale; la sfuriata college-rock di "Great Apes" diventa quella serata "prom" in cui sei rimasto da solo; metti su "Wizard Of Loneliness" e ti trovi rinchiuso in una camera del Midwest, disteso sul letto, coi poster appesi alle pareti; i riff peristaltici di "Battle Of Bedford Falls" e di "I Used To Be Small" sembrano accordati su quelli del proprio intestino, come in un vecchio disco dei DCFC.
Insomma, in "Wild Pink" non c'è proverbialmente "niente di nuovo"; eppure è un disco come tanti altri che sa essere indispensabile a portare i propri ascoltatori da un punto all'altro della propria esistenza, lambendone la verità anche e soprattutto all'intenzione e alla cura profuse nelle sue canzoni, che regalano più di qualche momento memorabile.
(02/03/2017)