Maria w Horn

Kontrapoetik

2018 (Portals Editions)
elettronica sperimentale, sound art

Una concezione “purista” dell’arte la vorrebbe apprezzabile o interessante di per se stessa, al netto di qualsiasi premessa concettuale o fatto riguardante la sua origine. Sappiamo che specialmente nella contemporaneità ciò diviene sempre più raro: i “testi” si rendono criptici e faticano a comunicare senza che prima ne venga svelata la progettualità, l’idea iniziale poi drasticamente rielaborata in forme spesso inintelligibili.
In tale contesto la sfida della composizione sperimentale è tanto avvincente quanto ardua, specie se, come per le arti visive, si traduce in una ostentata cripticità derivata da processi di astrazione o riduzione estremi. Mantenere il contatto emotivo e intellettuale con l’ascoltatore, talvolta, non è nemmeno un obiettivo contemplato.

Esempio senz’altro imperfetto ma lodevole, l’esordio su Lp della svedese Maria w Horn offre un profondo e affascinante compromesso tra la sua singolare ispirazione etnografica e il suo tradursi in oggetto esperienziale conchiuso. “Kontrapoetik” accentra infatti una sorprendente varietà di elementi grezzi e istanze empiriche, divise tra una dotta curiosità e il più sinistro esoterismo popolare.
Il concept ha come fulcro storico e geografico la regione natìa dell’artista, Ångermanland, che nella seconda metà del Seicento fu teatro di numerosi processi per stregoneria, con un quinto della popolazione femminile bruciata sul rogo o decapitata – la più ampia tra le esecuzioni documentate sul territorio svedese. Nel passato più recente di quest’area c’è anche uno scontro armato, datato 1931, occorso nel distretto di Ådalen tra alcuni operai manifestanti e le truppe militari, risultante in cinque morti civili.
Le ricerche legate all’ignominia di questa regione si sono poi intersecate con una sorta di esperimento sociologico: Horn ha infatti preso parte a una setta satanica d’impronta femminista, atta a ribaltare la prospettiva sul peccato originale di Eva, venerata come icona della ribellione ai dettami divini.

Consunti nastri magnetici di field recordings – provenienti dagli archivi del museo d’arte di Härnösand – e una raccolta in vinile di antiche musiche pastorali divengono le fonti primarie di un denso rimaneggiamento, la cui ibridazione si mescola a sua volta con composizioni originali per organo, mellotron e sintetizzatore Buchla, risultanti in brani coi quali Horn ha accompagnato anche le cerimonie della setta.
Le atmosfere dei brevi episodi di “Kontrapoetik” non cercano però di evocare esplicitamente un oscuro ritualismo, quanto piuttosto un amaro senso di irredenzione e tormento interiore, come a ricercare l’essenza spirituale (e spiritica) di una patria solo tangenzialmente solcata dalla modernità. Punto focale della mezz’ora è il recitato di “Ave” (la voce è del concelebrante Djuna Michelle Jangmyr) dove un reticolo di glitch, pulsazioni asettiche e scricchiolii sul legno confluisce in un drammatico sfogo di distorsioni e feedback; per contro i toni sostenuti di “ÅngermanländskaBilder” avvicinano le ultime dolenti liturgie di Tim Hecker, preferendo alle sue ottundenti saturazioni una linearità assoluta nell’armonizzare pochi layer acustici.

L’enigmatica espressività dell’esordio full-length di Maria w Horn non diviene un ostacolo alla fruizione, e anzi invita a ritracciarne i solchi per raccogliere nuovi dettagli che ne possano svelare l’arcano. Attratti dalla genesi profana dell’opera, ci si stupisce ancor più nell’incontrare un artigianato sonoro che invece si presenta puro e incontaminato, tanto è il distacco dai canoni cui anche l’ambient/elettronica ci ha nel tempo abituati.

14/01/2019

Tracklist

  1. Atropa
  2. Stramonium
  3. Ave
  4. ÅngermanländskaBilder
  5. Inverts
  6. Fides Minus


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