Piccole donne crescono. Sophie Allison (aka Soccer Mommy) è una giovane cantautrice di Nashville alle prese con il suo primo vero album, seguito di una raccolta, “Collection”, che metteva ordine in un canzoniere tanto avvincente quanto essenziale. Dopo aver fatto ordine, è ora giunto il momento delle pulizie (“Clean” appunto): in questo caso, a essere nitide e trasparenti sono le canzoni, semplici nella loro poetica legata a dissapori e fallimenti sentimentali.
Malinconia e rabbia si alternano con sogni e speranze, mentre la scrittura, sicura e versatile, mette in scena un affresco generazionale di grande intensità e intelligenza, con canzoni spesso affidate solo a voce e chitarra ma altresì capaci di restare essenziali anche quando il suono si fa più ricco e rifinito.
Ogni brano è un piccolo passo verso una consapevolezza musicale e lirica che rappresenta al meglio le insicurezze e i desideri di una generazione, a volte analizzata e valutata con troppa fretta e con eccessivi cliché.
È un album fortemente introspettivo, questo “Clean”. Soccer Mommy scava nel profondo senza paura di leccarsi le ferite: pochi accordi e una voce che sembra erompere dalle casse dell’impianto hi-fi fanno di “Still Clean” la miglior introduzione possibile nel mondo della cantautrice.
Non sono molti i dischi che possono vantare un trittico iniziale di canzoni così potente: l’apparente familiarità del pop-punk di “Cool”, destinata nel finale a infrangersi in un oceano di sonorità distorte e scordate, e il caleidoscopico power-pop di “Your Dog”, graziato dal riff più amabile e dalla più sentita prestazione vocale, sono esemplari difficili da trovare in un esordio.
Che la cifra stilistica sia in parte ripetitiva e ossessiva è un pregio e allo stesso tempo un difetto, a seconda dell’animo con il quale si approccia “Clean”.
È evidente che per l’autrice non ci sia molto di cui gioire a vent’anni. Il cantato a fil di voce di “Flaw” e il tono ancor più greve e minimale di “Blossom (Wasting All My Time)” sono il segnale di uno sfibramento emotivo, che nelle mani di Soccer Mommy diventa poesia (si ascolti il refrain dell’ultima traccia citata), raggiungendo toni perfino epici nella misteriosa e incalzante ballata “Scorpio Rising”.
Anche quando la musica si infila in anfratti più pop, il tono non è mai lezioso o artefatto (“Last Girl”), e quando il delizioso interludio quasi acustico (“Interlude”) introduce le note della conclusiva “Wildflower”, ogni dubbio o perplessità sul talento della giovane Sophie viene definitivamente fugato.
Quello che infine sorprende è che il passaggio dalle registrazioni casalinghe alla produzione in studio non ha modificato l’essenza lo-fi della scrittura. Ciò che ne esce rafforzato è la disarmante bellezza degli accordi di chitarra, il gradevole ronzio delle distorsioni, la vulnerabilità della voce e quella intelligente precarietà armonica: tutti elementi che, messi insieme, consegnano all’anno in corso un esordio privo di data di scadenza.
09/04/2018