Spiritualized - And Nothing Hurt

2018 (Bella Union)
psych-rock

Avete presente quando nei vecchi film, specie in quelli che guardavamo da bambini, viene annunciato l’arrivo – “si tratterrà qui qualche giorno” - di un amico stravagante del papà o di uno zio che vive in un altro continente? Figure che appaiono di rado, ma con costanza, nelle vite ancora brevi dei protagonisti di questi film; un po’ strambe, sempre cariche di misteri e di regali, ricche, ricchissime di storie da raccontare. Jason "J. Spaceman" Pierce è una di queste figure. Lui neanche viene da un altro continente, ma addirittura dallo spazio profondo, dove si è trasferito nel lontano 1982 – anno di fondazione dell’incarnazione Spacemen 3. A questo giro erano ben sei anni che non si faceva vedere e, prima di bussare alle nostre porte, non si nemmeno sfilato la tuta da astronauta.

A Jason Pierce bastano tre note, al massimo quattro, per catalizzare completamente l’attenzione di chi ascolta e catapultarlo nel suo dolce, dondolante mondo di oblio e melodie soavi. L’incanto di “A Perfect Miracle” è difatti istantaneo. Una grattatina sull’ukulele, le chitarre vibranti marchio di fabbrica sin da “Ladies And Gentlemen We Are Floating In Space”, un tripudio di archi primaverili che farebbero felice Jack Nitzsche e il gioco e fatto: tutti rapiti, pronti a credere a ogni parola di J., ciondolando le teste al ritmo del suo racconto.
“I Am Your Man” rimane da quelle parti, ma venata dal deciso piglio blues della chitarra, che insieme agli ottoni sfavillanti che introducono il ritornello le dona un’aura più intrigante. Trombe e tromboni fanno ancora meglio nella successiva, fischiettante “Here It Comes (The Road) Let's Go”, dove dettano il tempo a immaginarie giravolte per strada, come fossimo improvvisamente in una gioiosa pellicola dei 50’s.
Il momento più coinvolgente del disco si intitola “Damaged”, un’emozione più che una canzone. La telecaster di Jason è qui un volto tristo e corrucciato e il pianoforte, languido, le disegna lacrime sulle gote; gocce di rugiada da asciugare in un finale cinematografico, con gli archi e mezza orchestra che esplodono luce come un cielo di William Turner.

Il ritmo del disco è piuttosto basso, scelta che viene sublimata da un finale sdrucciolevole dove, in “Sail On Through”, fa capolino anche il gospel tanto amato da J. Spaceman. Le uniche eccezioni a questa confortevole velocità di crociera sono la ruvida scorribanda “On The Sunshine”, che ricorda molto da vicino i deragliamenti blues del periodo Spiritualized Electric Mainline, e gli scoppiettamenti jazzy di “The Morning After”. A voler cercare il pelo nell’uovo, “On The Sunshine” è probabilmente anche l’unico episodio poco riuscito del blocco, forse proprio perché batte terreni già visitati senza aggiungere nulla di nuovo o brillare in termini di emozioni.
La vita di Jason Pierce non è mai stata molto facile, bensì – per rimanere in tema con la metafora scelta a inizio recensione - molto avventurosa. Ha dovuto sconfiggere una brutta dipendenza da droghe, è passato sotto la tortura della chemioterapia. Sicuramente non all’altezza dei vecchi tormenti, ma anche la gestazione di “And Nothing Hurt” ha visto i suoi travagli. Travagli di produzione per la precisione, incomprensioni che dopo tre anni di duro lavoro hanno costretto Jason a dover ricominciare tutto da capo e tutto da solo. A casa con la testa infilata in un computer, col budget ridotto all’osso. Una modalità che il Nostro non aveva mai sperimentato, ma che non lo ha scoraggiato, semmai intrigato. E così, nonostante le parti strumentali non siano suonate da un’orchestra, ma registrate strumento per strumento da Pierce o addirittura estrapolate da vecchie registrazioni, la soave grandiosità tipica delle composizioni degli Spiritualized non è inficiata.

Alcuni momenti di “And Nothing Hurt” vi toglieranno il fiato, altri semplicemente vi divertiranno – il finale per banda di giocattoli di “Let’s Dance” - di altri ancora noterete il grande lavoro di ricamo ottenuto fondendo a freddo i suoni più disparati. Potrete però anche imbattervi nella sensazione che, in fin dei conti, si tratti solo dell’ennesima variazione sul tema della solita solfa space sinfonica di J. Spaceman. E se anche fosse così, lui resterebbe comunque uno dei cantori più stralunati e fantasiosi degli ultimi decenni; un musicista che ha saputo aggiungere almeno sei o sette gemme a un canzoniere già di per sé straordinario. E noi, per averne delle nuove, aspetteremo volentieri la sua prossima visita, anche se dovesse arrivare tra dieci anni.

07/09/2018

Tracklist

  1. A Perfect Miracle
  2. I'm Your Man
  3. Here It Comes (The Road) Let's Go
  4. Let's Dance
  5. On the Sunshine
  6. Damaged
  7. The Morning After
  8. The Prize
  9. Sail on Through


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