Sono passati tre anni dal comeback-album, e la buona notizia è che il nuovo progetto “Snow Bound” è baciato dalla stessa ispirazione. Solo che questa volta Martin e il produttore Greg Haver hanno messo leggermente in stand by l’effetto nostalgia, focalizzando l’attenzione su sonorità moderne che sono decisamente lontane da quelle più naif e grezze degli esordi.
Brani come il singolo “Complex” e la title track ripropongono con sufficiente brio le genuine e insolite intuizioni armoniche, amabilmente agrodolci, che hanno reso glorioso il marchio The Chills.
I primi segnali di stanchezza e routine fanno però capolino, sottolineati dalla nuova estetica più ordinaria e leggermente ridondante. Se il tono energico quasi da stadio ben si addice alla grintosa “Scarred”, non regge del tutto nell’incerto gemellaggio tra passato e presente di “Lord Of All I Survey”. Qualche banalità di troppo (“Eazy Peazy”, “The Greatest Guide”) fa sorgere qualche dubbio sui futuri sviluppi della band, ed è grazie alle pagine più introverse, “Time To Atone”, “Deep Belief” e alla scrittura sempre calibrata ed alla voce sempre unica del leader, che il nuovo disco dei Chills riesce a convincere.
Ad ogni modo, “Snow Bound” è l’album della ritrovata spensieratezza per Martin Phillips. Ci sono un’euforia contagiosa e una sincerità di fondo, percepibili dall’introduttiva “Bad Sugar” fino al vibrante finale di “In Harmony”, due brani che incorniciano con garbo pregi e difetti di un disco amabile, che senza dubbio rinnoverà la stima dei fan di una delle cult-band più sfortunate della storia del rock.
(18/09/2018)