Vessel

Queen Of Golden Dogs

2018 (Tri Angle)
electro, avantgarde

Il bristoliano Sebastian Gainsborough, dietro la consolle conosciuto come Vessel, passati dischi elettronici per un dancefloor in qualche modo eversivo (“Order Of Noise”, 2012, “Punish, Honey, 2014) che un certo clamore hanno pur sollevato, in madrepatria e non, era alla ricerca di nuova ispirazione. L’ha infine trovata grazie a un’ospitata nel mini di debutto dell’Immix Ensemble del sassofonista britannico Dan Thorne, “Transition” (2016), con quattro composizioni in tutto e per tutto afferenti all’avanguardia cameristica del secondo dopoguerra novecentesco (soprattutto “De Revolutionibus” e “Battle Cry”). Gainsborough può così riversare quell’esperienza su “Queen Of Golden Dogs”.

“Fantasma” per la batucada e “Argo” per le danze persiane ambiscono a fondere musica da camera, musica etnica e musica da ballo, ma sbagliano la dose d’enfasi e finiscono per suonare soltanto grossolane, tamarre.
Passati i convenevoli, comunque, si entra nel vivo con creazioni affatto morigerate. “Good Animal” somiglia a un semplice intermezzo ambient, eppure rivela una natura di canto ecclesiale Bach-iano. Quindi “Arcanum” va oltre: clavicembalo, mandola, voci “a canone” poi deformate come stormi in lontananza, archi e persino un piccolo studio di contrappunto. Ne risulta una splendida parodia del barocco, che Michael Nyman probabilmente apprezzerebbe. Il cantico di “Torno-me Eles E Nau-e” è anzi quasi incontaminato, appena screziato dalla distorsione elettronica, mentre in “Sand Tar Man Star” gorgheggi femminili, un po’ Ligeti e un po’ tabarin, convergono in una strana apoteosi metallurgica. “Zahir” richiama i salmi di Monteverdi ma ne mischia i timbri, le voci sfumanti nelle corde degli archi e viceversa, e poi vocine soul che risuonano a impulsi, per rifrangersi su schermi immani.

Concepito dopo mesi di isolamento nelle campagne del Galles, anche se non si esenta da un certo disordine di progettazione e qualche sfocatura nel respiro d’insieme. Gainsborough rafforza la nomea di producer atipico che opta per le vie scomode se non impervie. Assimilati i ritmi, tocca ora alla voce dell’essere umano (Olivia Chaney). Somiglia perciò all’“End Of An Ear” (1971) di Robert Wyatt il suo terzo disco, per la trasformazione dello strumento par excellence in stiletto dadaista-patafisico, per le dediche stralunate, tutte al femminile, per quei dieci minuti febbricitanti, insistenti, instabili di “Paplu (Love That Moves The Sun)” che fanno per la footwork ciò che “Las Vegas Tango” fece per la musica psichedelica: la rendono un affare privato, e infine espressionista. Influenze anche letterarie (Milton, Pessoa) e pittoriche (la surrealista Remedios Varo, autrice della copertina, in “Torno-me Eles E Nau-e”). 

01/12/2018

Tracklist

  1. Fantasma (For Jasmine)
  2. Good Animal (For Hannah)
  3. Argo (For Maggie)
  4. Zahir (For Eleanor)
  5. Arcanum (For Christalla)
  6. Glory Glory (For Tippi)
  7. Torno-me Eles E Nau-e (For Remedios)
  8. Paplu (Love That Moves The Sun)
  9. Sand Tar Man Star (For Aurellia)

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