Vicktor Taiwò è arrivato a Londra dalla Nigeria con tutta la sua famiglia alla tenera età di otto anni, ed è cresciuto artisticamente nel coro della chiesetta sotto casa, situata a Walthamstow, nella parte orientale della città. La sua è una voce incredibile e dal tiro soul pazzesco, che rimanda a una potenziale mescola tra la compostezza di James Blake e l’eccitazione canora di Gambino.
E' dunque un ibrido canoro davvero intrigante, al quale si somma un sound pregno di spunti elettronici, tra fughe spirituali come "Subducta. Psalm 69" con autotune incorporato e battito tribale sullo sfondo, e improvvise accelerazioni sintetiche in salsa eighties, come nel caso di "Shimmers In The Sun". Taiwò inanella una serie contenuta di suggestioni vocali che si dilatano gradualmente, tra un’imprecazione interiore e l’altra, saliscendi armonici di grandissima presa dall’afflato r’n’b (vedi "Letters I Wrote"); un modo di intendere il nuovo percorso della musica soul propinato nel 2015 con l’Ep di debutto, "JUNO", che l’ha portato a esibirsi nei migliori locali di New York e Londra, riscuotendo non poche attenzioni dagli addetti ai lavori.
La sua smodata passione per la fotografia alimenta, inoltre, l’abilità nel riuscire a palesare una visione d’insieme tutta sua, potenziata da trovate stilistiche come quella del theremin filtrato nei folclorismi digitalizzati di "Rolling In The Rapids", prima che il passo lento della splendida ballata "T Ds (Surf)" ci porti verso un’atmosfera surreale, con voci fanciullesche trattate tra un cambio vocale e l’altro, un synth in penombra, chitarra acustica e una preghiera da elargire con animo infuocato e parimenti pacato. Di certo, tra gli esordi più vibranti e oltremodo caldi dell’anno.
11/09/2018