Costretti a realizzare il proprio progetto in Francia, Nima Aghiani e Sara Bigdeli Shamloo tornano - dopo un progetto solista e una collaborazione con Siavash Amini - con “Grimace”, lavoro di breve durata (cinque brani per circa ventiquattro minuti) ma di eguale capacità di ricerca sperimentale.
La simbiosi delle due componenti, le solide trame elettroacustiche di Nima Aghiani e il canto etereo sacerdotale di Sara Bigdeli Shamloo, si mantiene sempre coerente nei percorsi di ricerca già intrapresi negli anni precedenti. Stridenti note elettroacustiche fanno da sfondo a un canto-parlato minimale (“Dry Run”) per aprirsi inaspettatamente in un piccolo slancio di archi quasi orchestrale (“Down The Rabbit Hole”), scarno all'inizio ma con una carica vitale che aumenta passo dopo passo, che ricorda la religiosità presente in tanti studi per violino del compositore estone Arvo Part e che potrebbe considerarsi il loro miglior brano fino a oggi.
La componente vocale prende più spazio in “In Hiatus” giungendo quasi al limite di una melodia cantabile. Altro momento significativo sono i sei minuti di “An End On Itself”, tentativo di congiunzione di archi e elettronica con una voce che diventa coro, figlio inquieto delle esperienze corali di Philip Glass. La cover è disegnata dal musicista danese Ojerum, vecchia conoscenza della sezione atrisuoni.
(20/09/2019)