Prima o poi viene il momento di inserire negli ascolti qualche disco di Joseph Fraioli, meglio noto come Datach’i: musicista di New York che ha disseminato in vent’anni di carriera tanti piccoli album cult che gli amanti dell’Idm, del glitch, del breakcore e della musica elettronica in generale conservano con religioso rispetto accanto ad album di Aphex Twin o Boards Of Canada. Per coloro che hanno apprezzato gli esordi di Datach'i, va subito sottolineata la natura meno sperimentale degli ultimi progetti, a cui è subentrata una raffinata e melodica elaborazione sonora gestita da un numero cospicuo di strumenti elettronici modulari.
“Bones” è stato scritto sull’onda emotiva del lutto che ha colpito l’autore. La morte del padre ha inciso profondamente sulla realizzazione del disco, al punto che Fraioli ha campionato i suoni della chitarra che il genitore aveva suonato mentre combatteva contro il cancro. L’ingente flusso emotivo è particolarmente percepibile proprio nelle tracce contaminate da riverberi elettro-acustici (“Undimension”, “Arrivals”), anche se tutte le dodici composizioni sono avvolte in un manto caldo e avvolgente che dona profondità anche alle pagine più frementi, ampliandone le risonanze ambient-glitch (“Antumalal”), le ritmiche simil-dance (“Rockledge 3A”) e l’intensità descrittiva (“Wand”, “Saugerties Road”).
La maggior cura dei dettagli, le sonorità meno artificiose e un tono più ardimentoso e libero dai cliché fanno sì che “Bones” si elevi sulla produzione di Datach’i, ma anche su gran parte della moderna elettronica, grazie a un eclettismo sonoro poco appariscente ma funzionale a uno dei racconti musicali più coerenti del musicista americano.
27/11/2019