Chissà che tipo di cerimonie e rituali avranno compiuto stavolta gli Hexvessel prima di iniziare a registrare “All Tree”. Dopo il pasticcio psych-rock del 2016, una captatio benevolentiae per ingraziarsi nuovamente gli spiriti e le entità magiche dei boschi era probabilmente più che necessaria. Quel che è certo è che di tempo a passeggiare nelle selve incontaminate della Finlandia ne hanno trascorso molto. Probabilmente lo stretto contatto con la natura ha fatto sì che il gruppo tornasse a dare importanza alle proprie radici folk e, contrariamente alle scorribande elettrificate di “When We Are Death”, le nuove canzoni presentano un evidente impianto acustico di base in fase di scrittura – che siano state composte proprio accanto ai fuochi notturni accesi nel bel mezzo delle foreste durante i riti propiziatori?
Il ritorno alle origini attuato dalla band è chiaro fin dall’inizio: la brevissima “Blessing” e “Son Of The Sky” sono canzoni popolari finlandesi, tradotte e riadattate da McNerney. “Changeling” e “Ancient Astronaut”, oscure ed evocative, riecheggiano invece i primi album del gruppo e così fanno anche i tre strumentali “Visions Of A.O.S.”, “Otherworld Envoy” e – l’unico veramente da ricordare – “Journey To Carnac”.
Coglie invece alla sprovvista la riuscitissima “Wilderness Spirit” che catapulta improvvisamente gli ascoltatori e le ascoltatrici nel bel mezzo di una fiera medievale e invita tutti alle danze più sfrenate. Nonostante stonino leggermente con l’atmosfera principalmente silvestre del disco, anche “Old Tree” e “Birthmark” stupiscono positivamente. La prima, con quel suo arpeggio limpido di chitarra acustica e la melodia immediata, è probabilmente il pezzo più pop nella discografia della band – ditemi se non la vedreste anche voi in qualche playlist di brani folk-pop malinconici su Spotify – mentre la seconda è una ballad classic rock, ben scritta e con tanto di assolo di chitarra elettrica in chiusura.
L’impressione generale è che le intenzioni di McNerney e compagni si siano concretizzate solo a metà: il nuovo album, pur presentando una vena decisamente più ispirata del suo predecessore, non riesce a ricreare quell’aura misteriosa e mistica che ammantava i primi due dischi e sembra che l’esoterismo e lo spiritualismo del gruppo siano ormai solo scenografici. Alcuni bei momenti ci sono eccome, ma le canzoni, pur avvalendosi di testi estremamente evocativi, non riescono più a superare le barriere del reale e a dischiudere visioni arcane e apparizioni di spiriti silvani. Con “All Tree” gli Hexvessel si dimostrano essere dei buoni bardi, talvolta un poco calligrafici, ma non gli enigmatici druidi delle foreste a cui un tempo ci eravamo abituati.
(07/01/2020)