Ithaca

The Language of Injury

2019 (Holy Roar)
mathcore, screamo

Gli Ithaca si formano a Londra nel 2012, e dopo due Ep promettenti all'insegna del mathcore (sulla scia di gruppi come Dillinger Escape Plan e Converge) riescono a registrare il loro Lp d'esordio nel 2017, per poi pubblicarlo solamente nel 2019.
"The Language Of Injury" mette in mostra tutto il talento del quintetto e si rivela musicalmente un disco allucinogeno, non troppo tirato e con rilevanti aperture melodiche distorte, abbinate a piccoli inserti di chitarra clean (questi ultimi meno incisivi). È breve, o meglio essenziale, con 10 canzoni in appena 31 minuti. Le atmosfere sono tendenzialmente cupe, a impreziosire il songwriting con una certa malinconia di fondo che conferisce spessore emotivo ai pezzi.

I punti di forza del lavoro sono sostanzialmente due: anzitutto il riffing tecnico ed esplosivo del duo Sam Jones/Will Sweet, per certi versi vicino ai Converge come tocco, sempre trascinante e dissonante, ma anche capace di digressioni avvolgenti influenzate dal post-hardcore; e poi la sezione ritmica, composta dal bassista Drew Haycock e soprattutto dall'eccellente batterista James Lewis.
Se si eccettua il breve intermezzo atmosferico di "No Translation", infatti, l'album vanta il suo punto di forza proprio nella batteria. Eppure Lewis dà anche la sensazione di "limitarsi", come se avesse il freno a mano tirato, come se potesse pestare ancora di più mantenendo la sua perizia esecutiva.

Le parti vocali sono invece dell'intensa Djamila Yasmin Azzouz, che si dedica a un canto urlato mutuato dal genere "screamo". Purtroppo la sua prova risente più di tutti di quello che è il lato debole del disco, cioè il missaggio dei volumi, che nel suo caso tende ad attenuarne la carica esplosiva. In particolare nelle piccole parti con voce pulita, la sua voce risulta quasi intangibile (soprattutto nella title track).  
Oppure basterà prendere in esame "Secretspace", nella quale le urla disperate su distensione clean cercano di suonare ferocissime, ma appaiono al contrario ovattate. Invece in "Gilt" il controcanto nel ritornello è completamente coperto dai suoni delle distorsioni, ed è un peccato perché è fra i pezzi più avvolgenti del lotto - dietro solo ai bassi penetranti e alle distorsioni alienanti della conclusiva "Better Abuse", un epilogo violento e mesmerizzante allo stesso tempo. Anche le parti melodiche risultano penalizzate, come nel caso di "Clsr.".

Nonostante questi difetti a livello di produzione, il disco è solido, compatto, godibilmente melodico senza risultare stucchevole, intenso senza eccedere e tecnico quanto basta. Un esordio davvero promettente.

06/08/2019

Tracklist

  1. New Covenant
  2. Impulse Crush
  3. Secretspace
  4. Slow Negative Order
  5. (no Translation)
  6. The Language of Injury
  7. Clsr.
  8. Youth vs Wisdom
  9. Gilt
  10. Better Abuse

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