È evidente come, tra le varie nicchie elettroniche che ogni anno si affacciano all'attenzione degli ascoltatori più curiosi ed esigenti, il singeli abbia ottenuto una posizione di rilievo assoluto, in un 2019 di certo non poco denso in materia di curiosità e novità. Se i beat a perdifiato e l'atmosfera spartana di Bamba Pana, Jay Mitta e Duke hanno centrato l'obiettivo di travalicare i confini della natia Tanzania e raggiungere i palchi di mezzo mondo, questo è soprattutto merito di una persona sola, capace grazie al suo studio di registrazione di dare voce alla brulicante scena di Dar Es Salaam. Mohamed Hamza Ally, meglio conosciuto come Sisso, è il deus ex machina che ha permesso al singeli di fiorire e diffondersi, curando lo sviluppo di giovani talenti locali e la diffusione dei loro sforzi.
È stato un talento finora rimasto abbastanza discosto (se si eccettua la raccolta “Sounds Of Sisso”, elaborata a mo' di introduzione del fervido contesto tanzaniano), ma che adesso può finalmente dare pieno sfogo anche alla sua creatività, attraverso “Mateso”, prima collezione autografa, raccolta di brani realizzati nell'ultimo quadriennio.
Anche a mantenere i tratti fondanti del genere, risultano palesi le differenze che separano Sisso dai suoi discepoli: ben più che la ragguardevole lunghezza del progetto, limitata comunque esclusivamente all'edizione digitale (il vinile include soltanto i primi otto brani della raccolta), è l'impostazione delle tracce a recare i più significativi cambi di traiettoria, nella misura di un abbandono pressoché totale della componente vocale e di una maggiore fluidità nelle progressioni, nel rispetto delle logiche frenetiche e forsennate del singeli.
Ne deriva un album ancora una volta furioso, maniacale nelle sue scansioni ritmiche, incapace di frenare e tantomeno di fermarsi; nonostante ciò, è con molta probabilità la collezione dal maggiore impatto atmosferico mai pubblicata dalla Nyege Nyege, quasi come se i folli tappeti sintetici di base assumessero le fattezze di quadri ambientali con cui illustrare squarci di vita tanzaniana (l'andatura più docile di “Hatari” illustra meglio il concetto). Si viene quasi a sviluppare una trance involontaria, che i diversi passaggi micromelodici dei synth aiutano a irrobustire con imponente semplicità (i vari cambi di guardia di “Biti No-1”, la struttura bipartita della title track).
È vero che l'album, se preso nella sua versione digitale, risulta eccessivo nella sua durata, fatto che chiaramente l'edizione in vinile riesce a prevenire operando di sintesi. Non sono rari i momenti in cui il tocco delle progressioni diventa leggermente più formulaico del previsto, oppure si nasconde dietro coltri di rumore che poco aggiungono al quadro complessivo (l'aggressiva sarabanda di “Aran”, i synth schizoidi di “6”). Nel privarsi però dell'elemento vocale, costitutivo di uno stile che punta al massimo coinvolgimento del suo pubblico, Sisso consegna comunque una raccolta intrigante, perfettamente calata nello spirito convulso e nell'estetica spartana del filone. Un buon punto d'avvio, per il patron di un intero movimento.
19/09/2019