Che godimento il nuovo album degli Heliocentrics. L’ensemble londinese congeda un disco scuro, tirato, vorticoso e trasversale, con la mente jazz e le vene piene di sostanze alteranti. A tre anni dall'uscita dell’album “The World Of Masks” (Soundway, 2017) e della colonna sonora del documentario “The Sunshine Makers” (Soundway, 2017) sulla controcultura psichedelica e sull’Lsd, gli Heliocentrics pubblicano il primo disco per l’etichetta californiana di Madlib, la Madlib Invazion. Ancora una volta è la psichedelia, codificata in termini avant-jazz, lo spirito che anima il workflow che ha generato “Infinity Of Now”, a condurre sapientemente e saldamente i voli più pindarici dell’ensemble del batterista Malcom Catto.
“Infinity Of Now” è teso e inquieto come un groove di The Comet Is Coming che incontra il trip-hop di Tricky (“99% Revolution”), obliquo come le metriche dei Lounge Lizards (“Elephant Walk”) e torvo come un brano dei Portishead (“Light In The Dark”). Ma è anche un tripudio incredibile di personalità e di maestria, dove brani funambolici come “Venom” e “Burning Wooding Ships” rappresentano la quintessenza della fantasia compositiva e della mixité sonora degli Heliocentrics, brulicanti di chitarre elettriche, sintetizzatori, pianoforti, fiati e violini. Consapevoli degli step del loro percorso e delle loro collaborazioni, le influenze della band si sciolgono nel flusso del disco, in cui i brani si susseguono in una drammaturgia scandita con precisione e, allo stesso tempo, con la naturalezza di un’improvvisazione.
Nello stile cosmico-visionario di Sun Ra e con il godimento musicale della family Parliament-Funkadelic di George Clinton, gli Heliocentrics continuano a delineare mondi con un potere evocativo e immaginifico che in “Infinity Of Now” si fa ancora più efficace e magnetico, guidato dalla voce ammaliante della “sirena” Barbora Patkova e denso di immagini che vanno a prendersi quel posto un tempo occupato dai riferimenti musicali.
Quando hai la sensazione di essere dentro “Daunbailò” (1986) di Jim Jarmusch, ti trovi calato nelle stanze di “Vizio di forma” (2014) di Paul Thomas Anderson, per poi sorprenderti dentro “Skyfall” (2012) di Sam Mendes e infine fuggire come in un film di Melvin Van Peebles che ti conduce però negli abissi di una pellicola di Kenneth Anger.
L’album si chiude con la lisergica “People Wake Up!” – uno dei brani più originali e completi del disco – una fantasmagoria scura dai tratti mediorientali, a violini spianati, tra Land of Kush, Swans e Godspeed You! Black Emperor. Gli Heliocentrics stupiscono: si trasformano, si fanno riconoscere, godono a suonare e ci fanno sognare a occhi aperti di sentir scorrere questo disco dal vivo, sulla propria pelle.
Non toglieresti mai “Infinity Of Now” dallo stereo: ha il potere di farti entrare dentro un loop e portarti “altrove”. Sensuale, conturbante, visionario, madido come un live e buio come un locale notturno, foriero di dettagli da ascoltare da vicino e di figure da leggere da lontano, l’album conferma l’ensemble di Catto tra le stelle più luminose del firmamento avant-jazz contemporaneo, insieme ad altre certezze – come Necks e Fire! Orchestra – in grado di tenere così alte, a ogni uscita, qualità e tensione musicale.
20/02/2020