Lonker See

Hamza

2020 (Antena Krzyku)
psych-rock, jazz-rock, space-rock

Attivi dal 2015, quando erano un duo composto dai soli Bartosz Borowski (chitarra, seconda voce e percussioni) e Joanna Kucharska (voce e basso), i Lonker See da Gdynia - cittadina polacca affacciata sul Golfo di Danzica - si sono arricchiti di membri nel corso degli anni fino a divenire un quartetto. Le cruciali aggiunte che hanno portato la band a forgiare uno dei sound heavy and psych più esaltanti degli ultimi anni sono quella di Michał Gos alla batteria, che ha permesso a Borowski di dedicarsi alla sola chitarra, e quella Tomasz Gadecki che ha impiantato nello space rock dal passo mastondontico della band il suono turbinante del suo sassofono.
Dopo due prove già esaltanti, “Hamza”, che della formazione è la terza uscita, stabilisce la caratura di una realtà che non teme i rivali di alcuna nazione o continente.

In cinque minuti abbondanti, l’opener “Infinite Garden” immerge l’ascoltatore in un territorio spettrale. Il sassofono striscia come nebbia sulla risacca grigia del Mar Baltico, la chitarra ripete la stessa serie di accordi come un mantra inascoltato e la ritmica spazzolata sembra accarezzare i vocalizzi fantasmagorici della Kucharska. E’ l’inverno di un golfo gelido, è una nazione le cui nefaste scelte politiche stanno portando sempre più a destra, sempre più a fondo.
Le parti strumentali di questo post-rock intorpidito si muovono lente, come le forze della natura che sopportano l’onta dell’uomo prima di scatenarsi in una purificazione distruttiva. Una furia che in “Gdynia 80” assume le forme stroboscopiche di un disastro spaziale, la picchiata di un’astronave in avaria in uno sciame di asteroidi, in “3-4-8” quelle di un conturbante free jazz al passo di una devastante ritmica stoner. In entrambi i casi, più la miscela musicale si ingrifa e ribolle più viene in mente il caos esplosivo dei Magma
“Hamza” è un’altra passeggiata sconsolata tra le macerie, dove Joanna lascia che il suo lamento si infiltri tra pietre e polvere; lo stesso dolore percorre il jazz notturno che ulula nei primi minuti di “Put Me Out”, prima che uno stridente arpeggio di chitarra le innesti un seme del male che farà germogliare un finale space-stoner. Parte invece in quarta, a chitarre già spianate, “Open & Close” nella quale il sax, ipercinetico, arriva giusto in tempo per aggregarsi al bagno di fuoco della catarsi finale.

Anche “The Earth Is Flat” si chiude all’insegna del delirio cacofonico, con il disco che viene divorato e risputato a pezzi sparpagliati da un buco nero digitale.
Idee, dinamismo, personalità, una potenza di fuoco letale, ma soprattutto una reazione artistica poderosa a una situazione politica tragica, fanno di “Hamza” uno dei dischi di rock pesante, e non solo, più necessari dell’anno.

30/09/2020

Tracklist

  1. Infinite Garden
  2. Gdynia 80
  3. 3-4-8
  4. Hamza
  5. Put Me Out
  6. Open & Close
  7. Earth Is Flat


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