Una passeggiata tra le foglie morte sul tappeto giallo-arancio di un parco deserto, il silenzio dell'acqua di lago increspata dal soffio di un vento frizzantino, un pomeriggio solitario passato a osservare lo svelto imbrunire nel cielo attraverso un vetro tinteggiato da screzi di pioggia, il tepore di una tazza di tè che scalda le mani, le labbra e l'anima. L'ascolto di "Oar" sembra voler evocare tutto questo e molto altro ancora, tredici squisite miniature semi-acustiche composte e arrangiate con la calma tipica della Natura che si sta preparando all'arrivo dell'inverno.
Padrona di casa e guida gentile attraverso questo viaggio dell'anima, la polistrumentista Manami Kakudo 角銅真実, nativa di Nagasaki e laureata in musica all'Università delle Arti Tokyo, compositrice di varia natura e accompagnatrice per altri musicisti sia in studio che sul palco - dal 2016 è corista e percussionista nei più famosi
cero.
Da sola, però, Manami si dimostra autrice particolarmente introversa e di non facilissima presa, almeno sulle prime. "Oar" è soprattutto un lavoro di sottrazione; la presenza vocale è spesso poco più di un sussurro, spetta alla variegata strumentazione il compito di riempire gli spazi disponibili, cesellando le atmosfere fino al dettaglio più infinitesimale. Una liquida scrittura folk dal taglio jazz (per non dire quasi neoclassico nello strumentale conclusivo "いつも通り過ぎていく") contribuisce alla creazione di brani in apparenza placidi e sottili, ma in verità ricchi di spunti e di finezze artistiche. Nella sua parca e solitaria tranquillità, "Oar" rilascia vibrazioni che hanno del magico.
Registrata col microfono praticamente incollato agli strumenti, "December 13" cattura lo sfregare dell'archetto sulle corde del violoncello e i martelletti del pianoforte contro il feltro della sordina, donando all'esperienza sonora una qualità che, a occhi chiusi, sembra quasi farsi palpabile al tatto. Manami del resto è un'abile tessitrice di suoni, capace di impiegare qualsiasi oggetto le capiti sotto mano per creare musica; "Slice Of Time" è una poesia in lingua inglese accompagnata da uno scarno armamentario di legni e carillion di latta, quasi volesse richiamare certi arrangiamenti di
Ryuichi Sakamoto per gli episodi più introspettivi e minimalisti di
David Sylvian.
Il romantico valzer di "October 25" arriva tratteggiato da una sottile linea di clarinetto, quelli di "November 21" e "Lantana" invece volteggiano nell'aria come fiocchi di una nevicata in arrivo. Su "寄り道" siamo come in bilico tra un giro armonico quasi prossimo alla bossa nova e una filastrocca di semplicissimo folklore - l'effetto è disarmante ma solleva l'immaginazione come foglie sparpagliate nel vento.
C'è comunque posto per una trascinante "Lullaby", iniettata di piccoli rivoli di foga ritmica, ma che, come da titolo, sembra allo stesso tempo voler cullare l'ascoltatore tramite delicatezze percussive assortite e le increspature di un pianoforte. Ancor più suggestiva la seguente "Lark", spazzolata da ventate di field recording, mantelli di chitarre, intarsi pizzicati di quello che sembra un banjo, e il pianoforte che si lancia in un pirotecnico ma controllatissimo assolo di jazz. Impossibile non battere il piede a ritmo sulla coinvolgente "わたしの金曜日", che zompetta spensierata sul pentagramma come una bimba con le scarpette di gomma che si diverte a saltare di pozzanghera in pozzanghera nel rientro da scuola.
"Oar" è un disco raro e defilato, dedicato a una nicchia alquanto ristretta di ascoltatori nella quale del resto Manami sembra muoversi con convinzione da tempo - il precedente album di studio "
時間の上に夢が飛んでいる/A Dream Is Flying Above Time", risalente a un paio di anni fa, già si muoveva su simili territori, per quanto ancor più scarno e forse a tratti fin troppo acerbo.
"Oar" non sarà quindi il trionfo di pubblico dell'anno, ma un solo ascolto è sufficiente per capire che non era certo quello lo scopo. Il solo scriverne una recensione dà quasi l'impressione di violare la privacy della sua autrice, ma è proprio questo aspetto di sacrale segretezza che fa del lavoro un'esperienza così intimamente accattivante. Un ascolto per pochi, da parte di una minuscola porzione di Giappone, ma che ciononostante sa donare vibrazioni delle più delicate e raffinate in circolo, soprattutto con l'autunno in arrivo al galoppo. Non fatevelo scappare.
07/10/2020