L’intensità spirituale neo-soul e modern-gospel del collettivo Mourning [A] BLKstar è senza dubbio una delle pagine più vivide e importanti della musica americana contemporanea. Un progetto dal tono militante che mette a soqquadro la politica statunitense con accuse, denunce e critiche spietate nei confronti dell’amministrazione Trump. Struggente, rabbiosa e riflessiva, la musica della band è graziata da un equilibrio di soul, jazz, trip-hop e afro-funk che non lascia spazio al compiacimento sonoro, rinvigorita da un’attitudine multi-culturale spregiudicata.
Dopo il già notevole “Reckoning” i Mourning [A] BLKstar si cimentano con un progetto ancor più ambizioso, un doppio album frutto di lunghe jam session registrate nello studio di Cleveland, situato al piano terra di un negozio vuoto e alla vista dei passanti. Ben diciotto tasselli egualmente appassionati e ricchi di eccellenti intuizioni strumentali e vocali.
Concettualmente “Cycle” resta ancorato a quella visione dell’arte come forma espressiva pura e incontaminata che già era alla base dei precedenti album: non è solo la forte componente politica il centro pulsante della musica del collettivo americano. Qualsiasi elemento concorre a una rappresentazione finale dove si combinano suoni, voci e parole.
L’atmosfera generale del nuovo album è leggermente più cupa, sussulti e guizzi sono assicurati dall’ottimo trio di vocalist, James Longs, Kyle Kidd e LaToya Kent. Spesso contenuti musicali e sociali vanno di pari passo: il grido di “The Wants”, graffiato da elettronica e trip-hop, è un’energica denuncia delle gravi condizioni economiche post–Covid 19; il discorso sul capitalismo dell’ex-presidente del movimento Black Panther Fred Hampton, ucciso dalla polizia nel 1969, posto a cappello di “Devil Get Behind Me-Intro” è la migliore introduzione possibile al dialogo a più voci, e riflessioni, che segue.
Musicalmente il quartetto iniziale è una delle sequenze più originali e creative della band, un alternarsi di limacciosi corpi sonori a base di synth e fiati (“If I Can If I May”), groove minacciosi e nebulosi (“Something JD Said”), trascinanti intuizioni funky-soul con venature hip-hop (“Sense Of An Ending”) e folgorazioni ritmico/melodico dal forte impatto psych-soul che fanno da sfondo a una delle interpretazioni vocali più potenti (“Deluze (Solange Say Remix)”).
Disco non facile da assimilare con pochi ascolti, “Cycle” è un progetto dalle molteplici sfumature, contraddistinto da un soffio vitale costante, che tiene saldamente insieme gli elementi più oscuri e gothic con quelli più incalzanti che scaturiscono dalla corposa ritmica (due batteristi spesso in sincrono).
Anche gli episodi meno marcati concorrono infine alla resa finale del progetto, ma non si può tacere della spiritualità della splendida ballata “Be”, un intenso dialogo tra voci e fiati che si espande su poche note grevi gospel-blues, dell’estatico groove soul della barricadera “Whom The Bell Tolls” o della preghiera pagana di “So Young So”.
“Cycle” è un disco che scava continuamente nel profondo. Cupo (“The Box”), minaccioso (“Debtors”), aspro (“Hard (Stars Remix)”) e infine liberatorio (“4 Days”), il nuovo lavoro dei Mourning [A] BLKstar è un vivido manifesto del riscatto e dell’emancipazione di un popolo le cui esternazioni passano anche attraverso il linguaggio universale della musica.
15/09/2020