Per essere chiari, la Nuova Italia di cui si parla è una piccola cittadina australiana fondata da immigrati veneziani nel 1800 - uno dei luoghi d'infanzia del batterista Marcel Tussie, usato dalla band per ancorare i pensieri slabbrati e alienati del lungo tour seguito all'improvviso successo dell'esordio dei Rolling Blackouts Coastal Fever, "Hope Downs".
Quello era stato una fulminante "riverniciatura" della tradizione jangle australiana, senza più l'aura lo-fi ma con un tiro ansiogeno quasi sconosciuto, almeno da quelle parti. Questo nuovo, secondo disco paga un po' la gestazione tormentata nei lunghi mesi di tour, con diversi pezzi radiofonici vagamente zuccherosi ("The Cool Change", la stessa, pur accattivante "Not Tonight"), improntati a una scrittura chitarristica piuttosto convenzionale e rassicurante per i loro standard.
In altri casi, l'uptempo sembra più un nascondiglio, l'espediente che tutti si aspettano come marchio di fabbrica (il singolo "She's There", forse la loro peggior canzone di sempre per banalità e mancanza di originalità, il debole refrain di "The Second Of The First"), col riff ruffiano sempre in agguato (la Tourette-iana e irrisolta "Cars In Space", la convenzionale "Falling Thunder").
Lungi dall'essere un disco inascoltabile, comunque, "Sideways To New Italy" rimane però uno dei secondi dischi interlocutori consegnati dalle varie band, soprattutto quelle con un esordio di grande successo. Il talento sia nella scrittura che nell'arrangiamento rimane palpabile ("The Only One") e sarà probabilmente solo questione di tempo prima che i RBCF si rimettano più seriamente al lavoro (o si condannino a una lenta agonia).
02/06/2020