“Exolinger” è la reazione di un artista dinanzi al disagio causato da un mondo in cui le tensioni sociali e politiche hanno ormai fatto il paio con il dramma di una pandemia senza precedenti. L’appiglio fortemente cercato nel buio di una condizione esistenziale sull’orlo del baratro.
Armata di un violino, di qualche effetto elettronico, della sua voce e di parole distillate ora con estatico stupore, ora con rabbia latente, la californiana Sarah Bernstein (ma da qualche anno newyorkese d’adozione) condensa in “Exolinger” una serie di improvvisazioni tanto ostiche quanto evocative, che coprono un raggio d’azione che va dal camerismo para-sinfonico di “Carry This” (con violenti bordoni di violino distorto e demoniache invocazioni) alla litania riepilogativa di “Whirling Statue”.
In mezzo, una serie di brani che proiettano il disco tra le vette del 2020: da “Ratiociantions” (che fa leva su tecniche minimaliste e su un’organizzazione puntillistica del suono per costruire un’atmosfera di grande impatto emotivo, con accumulazioni massimaliste a rappresentare il culmine di un percorso ascendente/discendente) a “Ghosts Become Crowds” (scosse telluriche di free-noise e ieratici vocalizzi, quasi una versione più asciutta di “Not Only A Break In The Clouds But A Permanent Clearing Of The Sky” dei Menace Ruine), passando per l’interludio carico di suspense di “Tree”, le trame percussive di “Through Havoc” e i miraggi trascendentali di “We Coast”.
Su tutto, svettano gli oltre quattordici minuti di “The Plot”, in cui lo spoken word della Bernstein e le stridule, metalliche evoluzioni del violino duellano in campo aperto, prima che l’archetto e le corde prendano il sopravvento, degenerando in vortice rumorista che nel finale si lancia in supersonico allungo.
18/12/2020