Quando si parla di shoegaze, i più pensano ai grossi nomi del genere. Ma la verità è che lo shoegaze è un enorme calderone in cui i “piccoli” hanno la stessa portata identitaria dei “grandi”. Basti pensare ai britannici Air Formation, formatisi a Brighton nel 1998 sulla scia di Flying Saucer Attack, Ride e Spacemen 3. Dopo quattro ottimi lavori e una pausa di otto anni, tornano sulle scene nel 2018 con un album praticamente perfetto, “Near Miss”, registrato in soli due giorni e prodotto da Pat Collier (Ocean Colour Scene, Adorable, The House Of Love).
“Near Miss” trova il proprio baricentro melodico in un muro di suono impenetrabile e in un’ossatura veementemente poetica e dolceamara, in cui shoegaze, space-rock e dream-pop si danno appuntamento tra riverberi densi, overdrive, distorsioni umorali e melodie umbratili e nostalgiche. I brani si susseguono come in sogno lucido, strappando l’ascoltatore a una realtà troppo cruda e intrappolandolo in una febbricitante allucinazione ipnagogica.
Gli Air Formation hanno la capacità di piastrellare ogni canzone di una malinconia dolce ed estatica, cosa particolarmente evidente nelle splendide “God Let Me Down”, “Hearing Echos” e “Clouds of Orion”. Ma non mancano episodi più tirati come “A.M.”, “Vanishing Act” e la space-rock “Formation 4”.
Un sound design scolpito a regola d’arte, in cui i suoni si rincorrono, si acciuffano, si accarezzano, si lasciano andare per poi ritrovarsi sempre.
28/02/2021