Che le avventure di Bostyn e Dobsyn, i due protagonisti dell'album "Jazzbusters", non fossero finite l'avevamo già intuito dalle note dell'ultima traccia "Les Be Honest". A distanza di tre anni Connan Mockasin scioglie i dubbi, e con un mini-album di soli 27 minuti mette la parola fine al surreale racconto del professore Bostyn e dell'alunno Dobsyn, anche se le vicende dei due storici personaggi, creati dal musicista neozelandese, quasi certamente torneranno prima o poi al centro della narrazione.
"Jazzbusters Two" non tradisce la scelta creativa di registrare improvvisate jam session messe a punto con un minimo canovaccio sonoro e figurativo. È già accaduto nel recente disco realizzato con il padre Ade Hosford "It's Just Wind" e accade di nuovo. Mockasin fa scivolare una sequenza di note e di accordi che appaiono composti in un piacevole stato d'ebbrezza. Solo che questa volta i prototipi stilistici, il caramelloso soul psichedelico, il mood jazz-blues notturno, l'estatica e sibillina dolcezza, e l'obliquità del suono della chitarra, assecondano un set di canzoni impalpabili, prive di una consistenza fisica che riesca quantomeno a renderle più interessanti di un pigro esercizio di stile.
Al di là di un'atmosfera intelligentemente rilassante, della reiterata scelta di non usare più distorsioni vocali e di lasciare in prima linea il flebile falsetto dell'autore, c'è poco da segnalare in "Jazzbusters Two". Tranne i pochi secondi destabilizzanti che introducono le umide note jazz-funky di "Flipping Poles", i rintocchi del Big Ben che fanno capolino insieme a un coro di voci di bambini festosi in vari episodi del disco (la citazione dell'"Aria sulla quarta corda" di Johann Sebastian Bach in "K Is For Klassical", il lieve scossone al torpore armonico offerto in parte da "Maori Honey"). Il nuovo album di Mockasin è solo un grazioso saggio d'improvvisazione e cazzeggio, buttato giù senza molta convinzione.
Grazie al sempre abile tocco dell'autore, tutte le composizioni si guadagnano senza sforzo l'appellativo di carino (vedi "Shaved Buckley", "In Tune", "She's My Lady"), ma al di là del potenziale e piacevole effetto soporifero, c'è ben poco da salvare in questo album, pubblicato peraltro solo in vinile in edizione limitata, e dunque alla portata di pochi instancabili fan, che a loro modo troveranno di che amare e deliziarsi. Insomma, questa volta è difficile che il lavoro di Connan Mockasin superi lo scoglio dell'ascolto incidentale e occasionale.
11/11/2021