"A Coral Island puoi innamorarti...". In effetti, sono tanti gli appassionati che, da quasi due decenni, si sono fatti sedurre da questa scaltra band di ormai ex-ragazzini in grado di sparare intriganti trappole psichedeliche dal loro omonimo debutto. Dopo anni passati a sfornare altalenanti produzioni, che hanno comunque preservato uno stile invidiabile, la band del Merseyside è tornata con il progetto probabilmente più ambizioso finora proposto.
"Coral Island" - primo concept - si concretizza sulle creazioni narrative del tastierista Nick Power, impostate in un'immaginaria nostalgia del periodo d'infanzia visto attraverso gli occhi di adulti che ricordano i giorni inebrianti costellati di balli e zucchero filato. I Coral lasciano rosolare le canzoni nella loro tipica psichedelia sognante. La voce di James Skelly brama dappertutto, mentre canticchia melodie malinconiche e penetranti.
I pontili del molo, i portici e gli spettacoli, i saltimbanchi che svettano sulle spiagge di ciottoli riempiono l'immaginario; i lati opposti della storia sono situati nei picchi scintillanti di dorate stagioni estive, seguite dalle desolazioni autunnali e dai personaggi spettrali che ancora popolano le passerelle e le bancarelle deserte.
La prima parte del disco trabocca di gioia. Il singolo "Lover Undiscovered" salta e scivola con grazia, mentre "Mist On The River", con le note d'organo in apertura, riporta alle sonorità dell'eccellente "Magic And Medicine" del 2003.
I brani sono legati da prose recitate dal nonno di James e Ian Skelly, filtrate attraverso un effetto eco abile nel conferire l'affascinante aria di mistero. È grazie a queste scelte che i Coral sono riusciti a intrecciare le proprie idee nella costruzione di un concept che richiama strutturalmente storiche opere a tema quali la seconda parte di "Ogdens' Nut Gone Flake" degli Small Faces o il classico "S.F. Sorrow" dei Pretty Things.
Tra i momenti salienti risalta "Vacancy", avventura senza tempo basata sugli squilli di un Wurlitzer che si avvolge sotto una melodia stordita e che immortala i festosi ricordi di sale danzanti brulicanti di allegria. Atmosfera magistralmente spezzata da "Autumn Has Come", traccia che segna una netta inversione dell'esuberanza aleggiante finora; le giostre si stanno spegnendo, le onde fredde iniziano a lambire la costa: una trama che anticipa la mesta atmosfera che percorre tutta la seconda parte dell'Lp. La fotografia perfetta, in tal senso, è quella scattata in "The Ghost Of Coral Island", con la sua mestizia nell'osservare l'inerzia dei rimasugli lasciati dall'estate, o nell'acustica "Old Photographs", dove si delineano tutte le divertenti sfumature dei momenti appena passati.
Per la conclusiva "The Calico Girl" non vi è quasi più ombra della band, con James Skelly lasciato solo nelle vesti di suonatore ambulante, in piedi, ad aspettare invano il ritorno dei turisti.
Quando i Coral chiusero "Move Through The Dawn" con l'affascinante "After The Fair", stavano comunicando la necessità di aggrapparsi alla genuinità dei valori semplici, di inseguirli in caso di fuga e di guardare al domani con maggiore speranza. È proprio in quel momento che sono stati sparpagliati i semi di "Coral Island", album che entra di diritto tra i passi migliori della band inglese. Una storia intensa e nostalgica che si estende nel corso di ventiquattro tracce descriventi un mondo all'interno di un altro, una fuga dalla realtà che risuona profondamente fantastica ma, in fondo, maledettamente reale.
04/05/2021